Le acque del golfo di Napoli forse gli riportano alla mente le sue Calle veneziane, fatto sta che Ferruccio Orioli dal 1994 è un cittadino napoletano tout-court. Dall’11 dicembre 2014 all’13 gennaio 2015 avrà luogo, nelle sontuose sale di Palazzo Partanna, in piazza de Martiri a Napoli, la sua mostra personale dal titolo Di Cieli di terre di acque. La raccolta si compone di ben 19 opere, realizzate tutte in un arco di tempo ben preciso, compreso tra il 2011 e il 2014.
Si tratta principalmente di acquerelli di dimensioni varie: proprio la dimensione è l’enigma che ha cercato di sciogliere negli anni l’artista e che ha trovato soluzione a Napoli. Le sue opere si distribuiscono non su di un unico foglio, ma molte di esse sono caratterizzate dall’accostamento di più fogli della stessa grandezza che uniti tra di essi danno vita a capolavori spesso di enorme formato. Un esempio di queste gigantografie ad acquerello è l’opera dal titolo Storie del golfo, costituita da 185 pannelli affiancati l’uno all’altro per una grandezza complessiva di venticinque metri.
I soggetti di queste opere si sono evoluti e sono mutati contemporaneamente alla tecnica ed all’estro dell’artista. Inizialmente sceglieva per lo più scene rupestri e o paesaggi naturali, con il passare del tempo, e forse anche in seguito al suo trasferimento nella città di Napoli, l’ambiente partenopeo è diventato la sua fonte di ispirazione, i soggetti così sono diventati più definiti e meno astratti.
L’esposizione curata, da Claudia Borrelli ed indirettamente patrocinata dall’ufficio dei promotori finanziari di Banca Fideuram, presenta un percorso curioso ed allo stesso tempo accattivante per il visitatore che vi si accosta. Nell’ingresso delle sale alloggia l’opera dal titolo Dance Myrina Dance, primo acquerello del corridoio espositivo , composto da otto pannelli e richiamante la tematica della danza.
La sua visione più attenta della città di Napoli, fotografata con i suoi piaceri ed i suoi corrispettivi dispiaceri, diventa protagonista della serie di opere raccolte sotto l’unica titolazione di Attento a dove metti i piedi. Scenografie naturali con il Vesuvio in primo piano e panorami mozzafiato della riviera la fanno da padroni nella parte più alta dei fogli, costringendo però lo sguardo verso il basso, dove l’occhio del cittadino si sostituisce all’occhio del turista: qui si trovano immagini di strade mal asfaltate, sagome di cadaveri tracciate in terra, che mostrano la seconda faccia di una stessa medaglia.
Vincenzo Morrone