Esistono posti in cui nascere donna è una maledizione che contiene in sé un tragico finale che difficilmente potrà essere cambiato.

La Turchia è uno di questi: Arzu Bostac è una donna di 28 anni, il viso illuminato dai colori del Mediterraneo, gli occhi scuri, un pozzo di solitudine senza fine, i tratti regolari, un foulard sulla testa le nasconde i capelli. Non ha più le gambe, le braccia le sono state ricucite. È stata data in sposa da suo padre quando aveva solo 14 anni. La famiglia di lei, dovendo allevare otto figli, non avrebbe potuto fare altrimenti. Ahmed Boztas, suo marito, all’epoca aveva 24 anni, e l’unica volta in cui si sono visti prima del matrimonio, Arzu non ne aveva avuto una buona impressione. È facile immaginare che non si sbagliava.

Le vessazioni sono iniziate subito, Arzu era considerata nulla più di una serva da tutta la famiglia. Esausta per le continue umiliazioni, avrebbe chiesto il divorzio dopo pochi mesi, se suo marito non l’avesse minacciata di ucciderne i genitori. 28 anni, 6 figli, 14 anni di matrimonio, 2 tentativi di ucciderla da parte del marito, una volta salvata dai bambini, un’altra da suo cognato. “Divorzierai da me solo da storpia”: con un fucile a pallettoni Ahmed le colpisce le gambe, Arzu crolla a terra supplicandolo di lasciarle le braccia, ma lui colpisce ancora e ancora. Sette colpi con cui le porta via gli arti. 65 giorni in ospedale. Ahmed è in prigione, Arzu in un letto immobile, i figli in un orfanotrofio, assistiti da uno psichiatra.11099899_751478758306921_167804082_n

Arzu non potrà riaverli se non recupererà l’uso di almeno un braccio. In Turchia, questo non le sarà possibile, poiché non essendo salva-vita, tale intervento non sarebbe garantito dal servizio sanitario turco. Arzu si appella quindi ai medici internazionali, perché le consentano di recuperare quel poco che le resta al mondo.

Sundra Sorrentino

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