Daniil Kvyat è stato licenziato, silurato, sbattuto fuori dalla Red Bull dallo stesso uomo che ce lo aveva portato. Il suo futuro sarà alla Toro Rosso. Una vicenda che con ogni probabilità diventerà tra le più eclatanti del mondiale e della F1 da quando questa esiste, e che è indiscutibilmente legata all’ultimo gran premio (a Sochi). Qui Kyat ha disputato un gran premio che potremmo benissimo definire da ritiro della patente, tamponando e costringendo al ritiro Sebastian Vettel e piazzando la sua Red Bull solamente in quindicesima posizione.
IL RETROSCENA – In Red Bull c’è un signore, un signore che in gioventù ha studiato giurisprudenza e poi ha deciso di fare il pilota; lo stesso che ha fondato una scuderia in Formula 3000 col suo nome e che dopo il ritiro è entrato in contatto con un certo Dietrich Mateschitz e ne è diventato il braccio destro. Quel signore si chiama Helmut Marko e di professione fa il talent scout. Occhio, però, che a chiamarlo così quelli dell’Udinese potrebbero un attimo storcere il naso, perché più che un talent scout il signor Marko (o dottore, come lo ha gentilmente insignito Verstappen) si è riconfermato una specie di esigentissimo selezionatore. Insomma, volenti o nolenti, è solo grazie a questo signore che Red Bull si fregia a tutto rispetto del titolo di ‘sfornapiloti‘, avendo lanciato il quattro volte campione del mondo Sebastian Vettel nonché i il talento di Daniel Ricciardo, gli sponsor di Carlos Sainz e naturalmente il baby prodigio Max Verstappen.
Nell’elenco dei papabili e di quelli che – insomma – fanno prima gavetta in Toro Rosso e poi mirano a diventare i prescelti per il salto in casa madre, c’era anche l’italo russo Daniil Kvyat. Il giovane classe 1994 viene pescato circa tre anni fa dalla scuderia di Faenza, mentre correva per la GP3, e messo in macchina al fianco del francese Jean Eric Vergne. Debutto non male, carattere da vendere e in poco tempo si conquista il posto in Red Bull. E così, dopo il capitolo Vettel e la discesa in basso nella classifica costruttori dovuta al predominio Mercedes, il team Red Bull si conferma con lui e col già rodato Daniel Ricciardo. Coppia promettente, coppia dall’enorme potenziale e che a Marko – bene o male – può star bene. Se non fosse che nel frattempo nessuno ancora vieta ai minorenni di correre in F1 (o almeno di provarci), e nemmeno a un tale Marx Verstappen di restarsene in Formula 3 . Figlio d’arte (padre Jos, pilota anch’egli) a soli 17 anni e 166 giorni fa il suo debutto nel Gran Premio d’Australia 2015, concludendolo con uno sciagurato ritiro. Nulla è lasciato al caso, però. Sotto la tuta Toro Rosso, infatti, si tessono le sorti di un futuro che prima o poi – e questo lo hanno immaginato tutto – lo porterà alla casa madre. Complice padre Jos e patron Helmut Marko, ormai la realtà dei fatti è una sola. Ed è quella che a Daniil Kvyat fa più male, scaricato nel bel mezzo di una stagione come se fosse l’ultimo degli arrivati.
STRATEGIE SBAGLIATE – Che abbia intrapreso una seria e oculata mossa di mercato, che abbia difeso i propri interessi su di un pilota che tempo qualche mese e sarebbe stato corteggiato da mezzo circus, Helmut Marko non ha agito lucidamente. Sappiamo tutti quanto per lui siano importanti i risultati (lo ha detto anche Mark Webber), tanto che mi verrebbe da definirlo lo Zamparini del circus. Quello che, insomma, del futuro di Daniil Kvyat già immaginava tutto e quieto aspettava la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso. Il vaso, ahinoi, è traboccato fin troppo presto e un po’ di suo ce lo ha messo il russo nel gran premio di casa, dove non è apparso mai domo, concentrato e in palla al punto giusto.
Il retroscena, tuttavia, ci fa schierare tutti dalla parte Daniil: basta tornare indietro di un po’ di tempo, e precisamente a quando l’allora sedicenne Verstappen venne messo sotto contratto e gli si offrì la possibilità di svincolarsi qualora non fosse stato garantito il passaggio in Red Bull Racing dopo due (o tre) stagioni. Due stagioni (quasi) sono passate e il timore di perdere sul più bello un fiore che sta lì lì per sbocciare, ha dato via libera a Marko per agire. E così Kvyat si aggiunge alla lista dei silurati, insieme ai vari Alguersuari (che ora il pilota non lo fa più), Buemi (che il suo riscatto se l’è preso in Formula E), e Vergne (che sappiamo tutti cosa stia facendo, nulla). Insomma, uno su tre fa ancora il pilota professionista, uno ha preferito continuare a fare il deejay…
Che speranze ci sono per Kvyat?
Nicola Puca
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Fonti: motorsport.com