Acqua corrente assente, impianti di distribuzione di energia elettrica e fogne inesistenti. Non stiamo descrivendo luoghi tipici medioevali, ma la situazione che si è presentata agli occhi della polizia locale il 10 luglio, a Napoli, in via Pacioli, al di sotto del cavalcavia di via Argine in uno spazio di 1000 mq , dove “risiedevano” abusivamente circa settanta rom, di cui venti bambini. Il provvedimento di sgombero è stato emesso dal gip della Procura di Napoli su Richiesta della Procura della Repubblica, con capo d’accusa l’occupazione abusiva di suolo pubblico.
Costruzioni precarie in legno affiancate da materiali ingombrati di ogni tipo e rifiuti – anche speciali – hanno reso necessaria l’azione di sgombero, come spiega la nota del procuratore aggiunto Nunzio Fragliasso, sia per “far cessare la protrazione del reato accertato” sia per “impedire l’aggravamento delle conseguenze delle degradate condizioni igienico-sanitarie dell’insediamento, gravemente pregiudizievoli per la salute degli abitanti del campo rom.”
Gli scarichi dei servizi igienici, realizzati direttamente nel suolo, rendono la situazione degradante per chi la conosce e per chi la vive, con un reale pericolo di circolazione di malattie infettive.
L’Italia, definita dal 2002, “paese dei campi“, è il paese europeo, secondo il Pew research center, dove l’intolleranza verso i rom e i sinti è più diffusa, nonostante sia il meno abitato da queste minoranze rispetto a tutta Europa. 180mila rom, lo 0,25 per cento della popolazione totale, con presenza maggiore nelle regioni quali Campania, Lazio, Lombardia e Calabria accendono nel cuore degli italiani sentimenti di disprezzo e razzismo. L’Osservatorio 21 luglio, organizzazione che si propone l’obiettivo di tutelare le minoranze, ha registrato nel 2014, 443 episodi di violenza verbale contro i rom, di cui 204 ritenuti di particolare gravità, e l’87 per cento di questi episodi è riconducibile a esponenti politici.
Certo, la giustificazione è presto trovata: campi abusivi, in condizioni precarie disseminati in ogni dove, strade piene di bambini in grembo alle mamme per chiedere l’elemosina, uomini ai semafori che infastidiscono gli stanchi guidatori. Come si fa a non essere razzisti?
È questa la domanda che gli italiani si pongono ma che abitanti di Francia, Inghilterra, Spagna e Germania non dovranno mai farsi. Perché di rom, di minoranze etniche ne è pieno il mondo. Ne è piena l’Europa. Ma la gestione è differente.
La Francia, con 40 mila manouche, ha adottato un modello di accoglienza che, anche se ancora non del tutto efficiente, la promuove a nazione migliore in campo di accoglienza rom: ogni comune con più di cinquemila abitanti deve essere dotato di un’area di accoglienza dotata di precise regole che, nel caso non dovessero essere rispettate, hanno come conseguenza la cacciata definitiva dal paese. Questa area riservata ai campi, prevista dalla legge Besson, è considerata una soluzione di passaggio e prevede successivamente un programma di affitto immobiliare o di terreni sui quali poter costruire. Inoltre è assolutamente vietata in ogni angolo del paese l’elemosina e l’accattonaggio. Ma se l’esempio della Francia non dovesse bastarci, ecco la Germania, con circa 130 mila persone tra Rom e Camminanti accolte con un progetto welfare: assegno di case, singole o in palazzine popolari, sussidio per il vitto e soprattutto possibilità occupazionali per chi vuole servirsene.
Ma si sa, noi italiani ci sentiamo particolarmente vicini alla Spagna, sicuramente non per l’accoglienza dei rom; anche qui, la nazione con una delle comunità gitane più popolose e che in Europa occupa il terzo posto, dopo Romania e Bulgaria, con circa 800 mila presenze, non lascia sola la minoranza rom: è difficile trovare campi nomadi, chi non lavora ha un sussidio di 700 euro al mese per sei mesi e vengono messe a dispozione case in condomini popolari in cui vivono in affitto.
Non è un problema ingestibile dell’Europa, non un problema di francesi, tedeschi o spagnoli. Ma nostro, dell’Italia. Il rapporto 2014 pubblicato dall’Associazione 21 luglio in occasione della giornata internazionale dei rom e dei sinti parla chiaro: “Nel 2014 la costruzione e la gestione dei campi rom continua a essere un’eccezione italiana nel quadro europeo. Tali politiche hanno comportato voci di spesa elevatissime senza far registrare alcun miglioramento nelle condizioni di vita di rom e sinti, ma ne hanno sistematicamente violato i diritti umani“.
Possibilità di vita degna, futuro accettabile sono innegabili. Si tratti di rom o qualsiasi minoranza, l’Italia deve agire. Di sicuro Salvini sarà deluso nel non poter usare la ruspa per abbattere campi rom e poi chissà, i rom stessi. Ma ciò che serve ad un paese degno di chiamarsi civile è buon senso e leggi che proteggono chiunque ci viva.
Alessandra Vardaro