Dopo una breve fase di rallenamento dovuta ad alcune aperture di Pechino alle richieste dei manifestanti pro democrazia, ad Hong Kong si riaccendono le, in realtà mai sopite, tensioni.
Il leader di Occupy Central avrebbe infatti annunciato nuove proteste in seguito al rifiuto da parte delle autorità cinesi di ricevere i movimenti per discutere della democratizzazione dell’ex colonia britannica la quale, comunque, gode già di un livello di libertà inimmaginabile per la Cina continentale.

Hong Kong è infatti una regione storicamente autonoma in cui il governo centrale non si impone con la stessa forza repressiva, che invece adotta nel resto del paese, in forza di una importante congiutura tra il Pcc e le élite economiche, che sono così più libere di operare con il consenso ma senza le interferenze di Pechino.

La particolarità di Hong Kong

Proprio per queste ragioni Hong Kong è considerata un punto di incontro tra il mondo Occidentale e quello Orientale, qui i cinesi sanno cosa sia la democrazia, cosa la libertà e per questo in questi giorni moltissimi manifestanti, studenti in testa, hanno messo in scena una dura battaglia volta ad ottenere delle elezioni veramente libere.
Non vogliono che a selezionare i candidati per la guida della regione siano i burocrati del Partito, a farlo devono essere i cittadini.
Ecco perché non ne vogliono sapere di indietreggiare, se Pechino non vuole dare loro ascolto.
Per il governo centrale il dialogo con i manifestanti sarebbe inutile, inutile sperare allora che le proteste si plachino; gli studenti hanno assaggiato la democrazia nei manuali, ora vogliono viverla.

Gli aiuti agli studenti di Hong Kong

Ma il movimento degli ombrelli non è solo in questa battaglia, con loro ci sarebbero secondo alcuni i finanziamenti Usa e, come annunciato in queste ultime ore, anche gli hacker di Anonymus. Hacker che hanno minacciato il blackout dei siti governativi, in risposta all’atteggiamento oltranzista dei governi di Hong Kong e Pechino che secondo la federazione degli studenti non avrebbe mai portato avanti un vero dialogo, ma si sarebbe dimostrato sordo dinanzi alle richieste della popolazione.  “Cina, non ci puoi fermare“, affermano gli Anonymus.
Gli studenti dal canto loro, sono già scesi in migliaia in piazza e in centinaia sono tornati a occupare il quartiere di Admiralty, sede dei ministeri.
Se la battaglia dei giovani dovesse andare a buon fine, si tratterebbe di un dramma per le autorità cinesi che temono un effetto contagio all’interno del continente senza precedenti.
Per la prima volta il popolo cinese si potrebbe trovare di fronte a delle libere elezioni, per la prima volta capace di determinare l’indirizzo politico delle istituzioni.
Un cambiamento dal sapore rivoluzionario, che potrebbe sconvolgere per sempre la terra del Grande Timoniere, costringendo i funzionari di partito a concedere ai cittadini di partecipare al governo della Repubblica Popolare.

Non possiamo tuttavia prevedere l’esito di questa vicenda, che certamente entusiasma molti pensatori ed attivisti della democrazia in giro per il globo.
Di certo però le “primavere arabe” c’hanno insegnato una grande lezione; per poter avere una vera democrazia non basta un colpo di Stato, perché la democrazia ha bisogno di molto tempo per radicarsi nel cuore di un ordinamento giuridico e, soprattutto, dei suoi cittadini.

Antonio Sciuto

Quotidiano indipendente online di ispirazione ambientalista, femminista, non-violenta, antirazzista e antifascista.

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