[Seconda parte]
L’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, riguarda in particolare i seguenti casi:
-Licenziamento nelle unità produttive in cui siano presenti più di 15 dipendenti, o 5 nel caso di unità agricole;
-Licenziamento nelle unità produttive in cui vi siano meno di 15 dipendenti – o 5 in caso di unità agricole – qualora l’azienda occupi in uno stesso comune più di 15 dipendenti – o 5 sempre nel caso di azienda agricola;
-Licenziamento nelle aziende dove siano presenti più di 60 dipendenti.
L’articolo 18 è già stato oggetto di sostanziale modifiche nel 2012 con la riforma Fornero (L.92/2012)
Nello specifico, il licenziamento discriminatorio e, cioè, quello lesivo dei diritti fondamentali della persona (ad es. sesso, razza, lingua, motivi politici, religiosi, sindacali), in mancanza di giusta causa o giustificato motivo verrà considerato nullo indipendentemente dalla motivazione addotta e darà diritto alla reintegra nel posto di lavoro come se esso non fosse mai stato effettuato (alle stesse condizioni, con la stessa posizione e stesso trattamento economico) Previsto anche un risarcimento dei danni e l’obbligo per il datore di lavoro del versamento dei contributi pensionistici per il periodo in cui il lavoratore risulta licenziato. La riforma Fornero ha esteso questa tutela alle aziende indipendentemente dal numero dei dipendenti. L’articolo 18 dà anche la possibilità al lavoratore, per evitare di rientrare in un contesto lavorativo potenzialmente ostile, di chiedere una indennità sostitutiva (pari a 15 mesi di retribuzione) in luogo del rientro in azienda. L’onere della prova della discriminatorietà del licenziamento grava sul lavoratore che, però, può assolverlo con l’uso di presunzioni semplici e avvalendosi di facilitazioni probatorie.
Il licenziamento disciplinare, invece, è un mezzo per sanzionare una inadempienza e/o una trasgressione del lavoratore. Può essere intimato o sulla base di una giusta causa intesa come condotta così grave del lavoratore da non consentire la prosecuzione (anche provvisoria) del rapporto lavorativo o sulla base di una giustificato motivo soggettivo (grave inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore).Le innovazioni normative introdotte dalla L. 92/2012, per questo tipo di licenziamento sono tre:
– Reintegra e risarcimento attenuato: Se il fatto contestato non sussiste o rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa. Il datore di lavoro dovrà reintegrare il lavoratore sul posto di lavoro e gli dovrà un’indennità di valore massimo pari a 12 mensilità;
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Solo tutela obbligatoria standard. Se non ricorrono gli estremi di giusta causa e giustificato motivo soggettivo. La sanzione consisterà nel pagamento di un’indennità di valore massimo compreso tra le 12 mensilità e le 24 mensilità, senza procedere alla reintegra.
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Solo tutela risarcitoria attenuata: In presenza di vizi della procedura di cui all’articolo 7 dello Statuto. La sanzione consisterà nel pagamento di un’indennità di valore massimo compreso tra le 6 e le 12 mensilità, che, anche in questo caso non sarà associata alla reintegra.
In caso di crisi dell’impresa o modifiche necessarie in relazione all’assetto organizzativo, il datore di lavoro potrà disporre il licenziamento economico. In questo caso, l’articolo 18 si applicherà alle sole aziende con almeno 15 dipendenti. Se il giudice dovesse accertare che il licenziamento è illegittimo per mancanza di un giustificato motivo oggettivo (ad es. l’impresa non versi in uno stato di crisi) il reintegro non è più automatico e sarà disposto solo in caso di manifesta insussistenza del motivo addotto alla base del licenziamento. In mancanza di questa insussitenza manifesta è prevista la sola corresponsione di una indennità risarcitoria omnicomprensiva (tra 12 e 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto).
Gennaro Dezio