(parte quinta qui)

Durante il diciannovesimo secolo la comunità scientifica attraversò una vera e propria rivoluzione concettuale ed ideologica, grazie a studiosi naturalisti come Lamarck in un primo momento, e poi successivamente a Wallace e Darwin, che ebbero il merito di elaborare modelli sensati ed accettabili per spiegare la teoria dell’evoluzione. Fu merito di questi pionieri che progressivamente si abbandonarono idee legate al fissismo per abbracciare il concetto di evoluzionismo, con le ipotesi ad esso legate.

Jean-Baptiste de Lamarck
Jean-Baptiste de Lamarck

Secondo Lamarck la funzione genera l’organo necessario a compierla e l’uso che se ne fa determina lo sviluppo di questo, portando al perfezionamento nel caso di utilizzo continuato e proficuo, oppure alla scomparsa  nel caso opposto. Le proprietà acquisite sarebbero poi trasmesse di generazione in generazione, definendo il trasformismo evoluzionista della specie stessa.

Per Darwin, che buttò le basi per ogni altra teoria sull’evoluzione seguente, il principale fattore evolutivo era rappresentato dalla selezione naturale operata dall’ambiente e provocata dalla lotta per l’esistenza.

 

Charles Dawin
Charles Dawin

Se per un profano il Darwinismo dissipa ogni interrogativo nato dalla mente di chi si chiede da dove veniamo e perché siamo fatti in questa maniera, in realtà alla teoria che ha reso immortale il nome dello scienziato britannico mancava qualcosa, ed era senza dubbio qualcosa di importante.

Darwin infatti fu bravissimo a spiegare come l’ambiente selezionasse le varianti più adatte alla sopravvivenza, ma non riuscì a descrivere il meccanismo per cui incorrono queste variazioni, attribuendo la comparsa di nuove caratteristiche negli individui ad un fenomeno puramente casuale.

La risposta fu fornita pochi anni più tardi rispetto alle teorie di Darwin, e a darla fu un frate agostiniano boemo, Gregor Johann Mendel. Ciò che mancò al naturalista britannico per completare il quadro furono le nozioni di genetiche alle quali invece arrivò il monaco di Brno attraverso i suoi esperimenti sulle piante di Pisum sativum.

 

Gregor Johann Mendel
Gregor Johann Mendel

Il frate lavorò incrociando alcune piante di piselli tra loro, osservando ed analizzando matematicamente i risultati nell’arco di tre generazioni. Grazie a questi studi Mendel arrivò alla conclusione che i caratteri ereditari non erano essenze non ben specificate, ma unità discrete, che furono dette geni, e che questi si mescolano e passano alle generazioni successive seguendo dei meccanismi ben precisi, noti appunto come leggi di Mendel:

  • Legge della dominanza: incrociando individui di linea pura che differiscono per un solo carattere, si otterrà una generazione con individui che mostrano tutti il carattere dominante. A tal proposito faccio un piccolo appunto: la variabilità dipende dai geni presenti sui filamenti significativi di DNA, il quale è presente nel nucleo cullulare in strutture dette cromosomi. Questi hanno dei loci, porzioni su cui recano i geni. Quelli che codificano per la stessa informazione sono localizzati nel medesimo posto, e sono detti alleli. Se l’informazione per cui codificano è diseguale, questi competono per esprimersi, e spesso uno domina sull’altro. Sarà quindi detto dominante.
  • Legge della segregazione: ogni individuo ha un fattore derivante dal padre ed uno dalla madre per ogni coppia di alleli. Durante la gametogenesi, cioè la formazione delle cellule riproduttive, questi si dividono ed ognuna di queste cellule possiede solo un fattore.
  • Legge dell’assortimento indipendente: gli alleli presenti in cromosomi non omologhi si distribuiscono in maniera casuale nei gameti.

 

Pisum sativum
Pisum sativum

Successivamente un biologo olandese, Hugo de Vries, elaborò una teoria evoluzionista, detta mutazionismo, che partiva dalle teoria della genetica classica, stabilendo poi un ponte tra queste ed il darwinismo, con cui era inizialmente in contraddizione, ed il lamarckismo.

I mutazionisti dividono le modifiche che si presentano negli individui di una determinata specie in due categorie, le somazioni, ovvero modifiche fenotipiche, che interessano solo l’aspetto esteriore dell’organismo e che non sono ereditarie, e le mutazioni, variazioni genotipiche che possono avvenire spontaneamente o sotto l’influenza di fattori fisici o chimici.

Hugo de Vries
Hugo de Vries

Le variazioni possono portare a nuovi caratteri, che sono poi soggetti alla selezione naturale, secondo i meccanismi illustrati da Darwin. Ma ove l’evoluzione per Darwin era un meccanismo lento e continuo, dato da modifiche che compaiono e progressivamente si vanno a sommare, originando nuove specie, nel modello di de Vries il processo avviene violentemente e bruscamente, con rapidi e grandi cambiamenti, definiti saltazioni, e la selezione naturale agisce in un secondo momento, eliminando le specie inadatte.

Il moderno concetto di evoluzionismo, il Neodarwinismo mendeliano (o sintesi moderna) però da credito al modello darwiniano delle micromutazioni lente e progressive, smentendo l’ipotesi delle macromutazioni avanzate dal biologo olandese. Questa moderna teoria nasce dall’elaborazione di un sistema basato sulle teorie di Darwin, completandolo però con i concetti di genetica ai quali arrivò per primo Gregor Mendel, ed è attualmente la teoria più accreditata dalla comunità scientifica.

Lorenzo Di Meglio

Bibliografia

Paul B. Weisz – Zoologia – Zanichelli

Andrea Allasinaz – Paleontologia generale e sistematica degli invertebrati – ECIG

 

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