Sì lavoro, Sì sviluppo, Sì Torino: l’onda arancione che sabato mattina ha invaso pacificamente il centro della città, dandosi appuntamento in piazza Castello alle 11, dice sì al futuro di Torino, preoccupata per il suo sviluppo e per la gestione precaria dell’amministrazione di Chiara Appendino. Due settimane dopo la manifestazione romana contro Raggi, un altro appuntamento che segna la protesta dei cittadini: coscienze risvegliate o soltanto esasperate. In entrambi i casi, a fattore comune, i sindaci a 5 stelle. Ma non è l’unico aspetto ad unire Roma e Torino.
L’arancione è stato il colore federativo della giornata torinese, ma è il rosa a guidare ogni azione, da quando, il 29 ottobre, 7 donne torinesi (le “madamine”, che per chi non è pratico con il dialetto piemontese, è un modo per definire le signore) hanno creato un gruppo chiuso su Facebook, “Sì, Torino va avanti”, ed hanno aggregato in pochissimo tempo quasi 40.000 persone. Da lì ad organizzare la manifestazione di protesta il passo è stato veloce, ma non semplice. Brave, come lo sono state le 6 organizzatrici romane. Concrete. Coraggiose. Sabato erano molto emozionate e con un grande sorriso.
Un’onda anomala, con molte anime e tante idee, apartitica, pacifica, disciplinata, eppure assolutamente determinata: 30.000 persone, secondo la stima più accreditata, a dire sì. Molti hanno evocato la marcia dei 40.000 che, sempre a Torino, ha segnato nel 1980 un’epoca. Ma sabato quello che ha colpito è stata la convivenza di esperienze diverse, sociali e professionali, in cui tutti avevano una direzione: evitare che Torino resti fuori dallo sviluppo e dalle opportunità di crescita, lanciare un segnale al sindaco di Torino Chiara Appendino sul degrado della città. Nessun striscione di partito, né di destra, né di sinistra (anche se i relativi rappresentanti erano comunque presenti in piazza), e chi ha provato a esporsi è stato rimesso al suo posto.
A colpire, di questa piazza, la lontananza da ogni appartenenza partitica – nonostante i tentativi di appropriazione indebita: lontana dal PD, che sembra rincorrere per l’ennesima volta una tendenza della cittadinanza e ne esce in parte sconfitto, lontana dalla destra, che cerca di salire sul carro. Semplice politica, nel senso più puro della sua origine: l’amore per la propria città, per quanto le istanze portate avanti possano essere più o meno condivisibili (in modo particolare nel caso della TAV).
Pure il “Sì TAV”, dipinto dai media come l’unica ragione della manifestazione, ha rappresentato soltanto la partenza della protesta: la piazza si è unita per manifestare il suo disagio verso Chiara Appendino, la sua Giunta e i suoi consiglieri. Torino è disorientata e dopo aver visto perdere molti grandi eventi e le Olimpiadi, ha paura. La manifestazione ha messo insieme più di 30 associazioni economiche e sociali, che si sono unite in un comunicato stampa congiunto per esprimere la propria partecipazione ed invitare ad aderirvi: da API all’Unione Industriale, da AMMA a Federmeccanica, Confindustria Piemonte, CNA, Confartigianato, Ascom, Confesercenti, Confagricoltura, Consulta degli Ordini e Collegi Professionali di Torino, l’Ordine degli Architetti e dei Commercialisti di Torino, fino a tutti i Sindacati (ma la lista potrebbe continuare). L’amministrazione pentastellata è riuscita in un piccolo miracolo: mettere d’accordo tutti contro la sua gestione: mai era capitato nella storia di Torino.
I giorni precedenti la manifestazione non sono stati facili, alimentati da alcune polemiche e da un certo grado di tensione; ma anche quando una consigliera grillina ha raccontato che in piazza sarebbero scesi disperati, anziani poco informati e madamine da salotto (con scuse successive e prese di distanza da parte di Chiara Appendino), le organizzatrici hanno chiesto di mantenere un atteggiamento costruttivo, improntato all’educazione e al rispetto.
In tipico spirito torinese, la manifestazione non ha fortunatamente riscontrato alcun elemento fuori dalle righe: mentre tutti composti e ordinati si avvicinavano alla piazza, un gruppo di giovani ragazzi ha distribuito adesivi con la scritta “Sì, Torino va avanti”, per riconoscersi tra la folla. Un camion scoperto è servito come palco, su cui si sono succeduti interventi brevi e mirati. In prima fila varie associazioni, musica allegra ad accogliere tutti. Insomma una protesta gentile, lontana da ogni forma di violenza. E forse, proprio per questo, molto forte. Anzi, l’ironia bonaria serpeggiava tra le madamine della piazza, orgogliose di esserlo.
Due giovani studenti, uno del Politecnico e uno della Facoltà di Economia e Commercio, hanno aperto il confronto, focalizzando l’attenzione sul tema della fuga di cervelli: Torino forma i ragazzi, con università di eccellenza, ma poi nessuno di loro si ferma, perché, semplicemente, non c’è lavoro. A seguire il discorso di Mino Gioachino, ex sottosegretario ai Trasporti, ed infine loro, con il sorriso e l’energia: Giovanna, Adele, le due Roberte, Donatella, Patrizia e Simonetta. Hanno ringraziato, hanno raccontato la loro esperienza, hanno invitato a pensare al futuro, nostro e dei nostri figli. In un’ora e in modo ordinato, la manifestazione si è conclusa, lasciando nei partecipanti una sensazione di grande positività.
Adesso la sfida è un’altra: riuscire a convogliare questa forza gentile della cittadinanza verso una direzione unitaria. Dopo la manifestazione, il Sindaco Appendino (che ha recentemente coinvolto un nuovo consulente di comunicazione) ha pubblicato un post in cui dichiarava che la porta del suo ufficio è aperta a tutti i cittadini, al dialogo e al confronto.
Torino è in attesa di capire se sarà così. O se non è troppo tardi.
Serena Fasano