Il Mediterraneo torna a tingersi di nero, il nero della morte e dell’indifferenza. Centinaia, migliaia di corpi senza vita sepolti da quello strano sentimento che si chiama speranza, futuro. “Dov’è finita la nostra umanità” ha scritto giustamente Pier Luigi Bersani sui social; sì perchè prima di ogni altra cosa, prima del problema delle risorse, di come li accogliamo, del lavoro che ci “rubano” c’è qualcosa non negoziabile, c’è la dignità della persona, l’inviolabilità della vita umana.

Nel mondo della monetarizzazione di tutto, non c’è posto per quei barconi se non in qualche agenzia immediatamente postuma alle tragedia; non c’è posto per la speranza di quei ragazzi, di quei bambini, di quelle donne; non c’è posto, insomma, per l’umanità. E mentre si convocano decine e decine di vertici sui debiti sovrani, lasciamo spezzare alle onde ogni possibilità di un mondo migliore.

Sono arrabbiata, indignata. Quel mare è pieno di salme a cui non potrà essere portato neanche un fiore dai familiari, a cui non si potrà dedicare neanche una preghiera. Corpi senza vita ma, soprattutto, anime che segnano il fallimento della nostra civiltà. Cosa siamo diventati? Siamo un chiacchiericcio indefinito in cui nemmeno le responsabilità sono chiare, siamo il continuo palleggiare di autoassoluzioni. E, se da un lato c’è chi si sente addirittura sollevato (meno male almeno non arrivano sulle nostre coste), dall’altro c’è il politichese di chi invoca il presunto problema della Libia: in fondo è più “umano” non farli partire proprio e lasciarli agli stupri, le tratte degli esseri umani, le carceri libiche e il deserto (il teorema berlusconiano per chi non ha la memoria corta). Come se fosse possibile fermare la speranza di chi non ha nulla da perdere. Eppure il mare è nell’immaginario di ciascuno una meravigliosa sensazione di infinito, di possibilità, di opportunità.

Ho scritto in maniera sconnessa l’insieme dei pensieri che mi passano per il cervello. Scrivo con rabbia perché vorrei che come le onde sbattono sugli scogli così le nostre coscienze sbattessero con il nostro agire e ci lacerassero l’anima, ci impedissero di dormire la notte e di guardare negli occhi i nostri cari.

Chi ha il coraggio di giocarsi la vita non avrà paura della morte e non è un caso che il più grande messaggio d’amore arrivi dalla croce.

 Antonella Pepe

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