Domenica 17 aprile 2016, dalle ore 7.00 alle 23.00, siamo chiamati alle urne per decidere le sorti dei nostri mari attraverso il referendum abrogativo riguardante le concessioni estrattive per le piattaforme entro le 12 miglia (20 chilometri ca.)
Oggi, in Italia, contiamo sessantasei trivelle collocate oltre le 12 miglia e ventuno collocate entro le 12 miglia: sette in Sicilia, cinque in Calabria, tre in Puglia, due in Basilicata, due in Emilia Romagna, una nelle Marche e una in Veneto. Sono proprio queste ventuno trivelle quelle prese in oggetto dal referendum abrogativo del prossimo 17 aprile poiché presentano una concessione della durata di 30 anni, prorogabile per ben due volte (cinque anni ciascuna) per un totale di 40 anni.
Volendo rispettare la Legge di Stabilità, una volta scaduta la concessione ha fine anche la trivellazione. Tutto molto bello, se solo il governo Renzi non avesse inserito una norma all’interno della suddetta legge, che permette il continuo dell’attività delle trivelle fino all’esaurimento del giacimento. Chi preme per il SI, dunque, chiede la giusta cancellazione della norma e il ritorno alla scadenza primaria delle concessioni.
Ho avuto il piacere di intervistare il Coordinatore del Comitato No Triv di Napoli, Vincenzo Forino, reduce dalla bellissima iniziativa di domenica 10 aprile alla Rotonda Diaz sul lungomare partenopeo: un Flash mob di sensibilizzazione al SI che ha visto la partecipazione di tante persone unite per un’unica e giusta causa.
Quando e come nasce il Comitato Referendario No Triv di Napoli? “Il Comitato No Triv di Napoli è nato il 2 marzo di quest’anno dall’esigenza di far conoscere non soltanto le ragioni del Si, le nostre ragioni, ma anche l’esistenza stessa di questo referendum, ignoto ai più. Non era conosciuto da nessuno perché il governo Renzi ha fatto di tutto per boicottarlo, sia quando ha evitato l’accorpamento tra referendum ed elezioni amministrative (evitando anche un considerevole risparmio di denaro pubblico) sia quando ha apportato delle modifiche nella Legge di Stabilità su delle questioni che erano trattate nei quesiti referendari originari (in principio ne erano 6, 5 dei quali sono stati rigettati dalla cassazione proprio per questo motivo). In più scontavamo il fatto che essendo un referendum promosso dalle regioni, non c’era stata la campagna di raccolta firme, utilissima per far conoscere i quesiti alla popolazione. Dunque sapevamo di avere poco tempo e che, quindi, vi era urgenza di organizzarsi quanto prima per fare tutto il possibile per il raggiungimento del quorum. Oggi possiamo dire di aver fatto un ottimo lavoro e di poter sperare nel raggiungimento dello stesso.”
Come intendete procedere in vista dell’imminente referendum? Ci saranno altre iniziative come quella organizzata ieri alla Rotonda Diaz? “Oramai manca appena una settimana, ci concentreremo soprattutto sul fare stand informativi e volantinaggio in tutta la città. Partiamo giovedì 14 aprile dal centro direzionale. Inoltre, ci saranno conferenze nei comuni di Bacoli, Siano, Nola, Sant’Anastasia e, il 15 aprile, Canto Libre organizzerà un concerto a Banchi Nuovi, al quale noi abbiamo aderito.”
Ci sono esponenti politici che hanno mostrato la loro solidarietà al Comitato o contate solo sull’aiuto di associazioni e liberi cittadini? “Al comitato hanno aderito 60 realtà tra forze politiche, sindacati, associazioni e centri sociali. L’aiuto maggiore lo abbiamo avuto proprio dalle associazioni e dai cittadini, ma non avremmo comunque accettato sostegno da esponenti politici anche perché Napoli si appresta ad andare alle elezioni e non volevamo essere strumentalizzati. In ogni caso, considerando la latitanza di Stato e Regione, posso affermare che, se oggi si conosce il referendum e si conoscono le ragioni del si, lo si deve esclusivamente ai Comitati che si sono costituiti sui territori e si sono autotassati per l’acquisto dei materiali.”
Avete mai pensato alla possibilità che al referendum possa passare il NO? In quel caso, sapete già se e come vi mobiliterete? “Il fronte del no, ammesso che esista, non ha alcuna possibilità di vincere perché le proprie argomentazioni sono facilmente confutabili. Talvolta espressione di interessi minoritari di grossi gruppi di potere. La narrazione secondo la quale se vincesse il SI andrebbero persi migliaia di posti di lavoro, è falsa, così come quella secondo la quale rischieremmo uno shock energetico. Innanzitutto, perché sulle piattaforme in questione lavorano soltanto 75 persone ma soprattutto perché, dal momento che il quesito referendario prevede la sospensione dei giacimenti soltanto una volta che le concessioni già rilasciate saranno scadute (tra i 5 e i 10 anni), si avrà tutto il tempo per ricollocare i lavoratori e riconvertire le politiche energetiche di questo paese, in linea anche con quanto il nostro governo asserisce durante le conferenze internazionali, salvo poi tornare in patria e fare l’esatto contrario. Il problema resta sempre e soltanto il raggiungimento del quorum ma, considerando le condizioni materiali iniziali, potremmo ritenerci soddisfatti già se riuscissimo a portare alle urne il 30% del corpo elettorale, anche perché non intendiamo fermarci il 17 aprile. In questo mese abbiamo strutturato, accanto alla campagna referendaria, una campagna politica attraverso la quale mettere insieme le lotte ecologiche che si combattono e si stanno per combattere nel nostro paese. Stiamo già raccogliendo le firme per i cosiddetti “Referendum Sociali” (su Buona Scuola, Stop Inceneritori e Trivelle Zero) e stiamo lavorando per la manifestazione contro il TTIP ( trattato di liberalizzazione commerciale transatlantico) che si terrà il 7 maggio a Roma. E’ tempo di ridare nuova linfa alla lotta al biocidio, ed è assolutamente necessario partire dall’avanguardia campana.”
Flora Visone