“Quando conoscerò la tua anima, dipingerò i tuoi occhi”, questa la celeberrima e sublime frase con cui “l’ultimo romantico”, Modigliani, soggiogò e avvinse a sé una timida e malinconica ragazza che sarebbe poi diventata il grande amore della sua vita: Jeanne Hébuterne. Soprannominata “noix de coco”, a causa del candore serafico della sua pelle su cui riversava una fluente chioma di capelli neri, Jeanne conobbe Amedeo nel febbraio 1917, all’Académie Colarossi. Come quando si preannuncia una tempesta, un fulmine squarcia il ciel sereno, così fu quell’amore: turbolento, travagliato, inquieto, burrascoso; pur, tuttavia, durò fino alla morte. Asseriva Pascal:
“il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce”.
Solo comprendendo il senso di questa affermazione, si può capire come e perché Jeanne poté abbandonare la sua famiglia, affetta dalla malattia del bieco perbenismo borghese e cattolico, per seguire il folle miraggio di convivere con quell’artista dalla personalità tormentata e accesa, seppure disperata e tragica. I dipinti di Modì sono forse la più eccelsa e meravigliosa dichiarazione d’amore del pittore nei confronti della Hébuterne. Ella fu l’unica a non essere mai effigiata nuda e perennemente con gli occhi, invasi dal bianco, privi di pupille. Dai suoi ritratti traspare una spasmodica malinconia che cela, in realtà, una fervida e irrefrenabile sensualità. Jeanne, protagonista di oltre 20 quadri dell’artista definito come “ultimo romantico”, viene raffigurata con ogni abito, in ogni posa, con ogni stato d’animo: tutto questo è emblema “della consapevolezza dell’appartenenza reciproca, del sentimento della vicinanza, della considerazione”.
Tuttavia, è complesso delineare la mistica intelaiatura entro la quale si sviluppano i contorni di questa lancinante e tragica passione. Jeanne appare come una ragazza riservatissima, il cui carattere inibito e introverso, mal si accorda con la dirompente ed eccentrica personalità di Modì. Testimonianze degli altri artisti protagonisti di quell’epoca decadente si affollano circa la solo apparente non sincopata sincronia di quei due amanti. Una scena che può considerarsi affresco di questa nostalgica e esecrata storia d’amore è riportata da Leon Indebaum, il quale, parlando a proposito di Modigliani, afferma:
“A tarda notte lo si poteva sorprendere, sulla panchina di fronte alla Rotonde, a fianco di Jeanne Hébuterne silenziosa, emaciata, esile, le lunghe trecce sulle spalle, pura, amorevole, vera madonna accanto al suo dio”.
Numerosi sono i racconti circa gli scenografici ed eclatanti litigi tra i due: si narra, infatti, che in una delle notti in cui Amedeo era preda dei fumi dell’alcool avesse scaraventato contro Jeanne una sedia; riguardo al loro rapporto Augias riferisce:
“Dicono di averli visti seduti per ore a un tavolino della Rotonde fissando qualcosa davanti a sé, senza scambiarsi una sola parola, presi in realtà l’uno dell’altra, consapevoli di una felicità che la semplice vicinanza rende concreta”. Del resto, era abitudine condivisa dai due compagni il sedersi l’uno di fronte all’altra e dipingersi.
Una passione che tesse le sue trame nella cornice di un’esorbitante disperazione e di un inestricabile attaccamento reciproco pervaso da una demoniaca inquietudine, quasi morbosità; una relazione incastonata nel labirinto della dedizione perpetua dell’uno nei confronti dell’altra, ma anche imprigionata nelle brame della solitudine; un amore “che condusse ad una morte” nel caso di Jeanne. Il 22 gennaio 1920, Amedeo Modigliani viene colto da un violento attacco di tubercolosi, la malattia che aveva seguito le sue orme per tutta la sua vita, e il 24 gennaio chiude gli occhi per sempre. Jeanne, incinta al nono mese della seconda figlia di Modì, il giorno seguente si butta dal quinto piano della casa dei suoi genitori.
Secondo Ortiz de Zarate, durante il trasporto da casa Modigliani all’ospedale dove sarebbe deceduto, l’artista avrebbe detto: “Mi resta solo un pezzo di cervello, so che è arrivata la fine. Ho baciato mia moglie, ci siamo intesi per una felicità eterna”; ciò farebbe presupporre che l’idea del suicidio già albergasse nella mente di Jeanne e manifestazione di ciò sarebbe anche il convulso e disperato bacio che la donna diede al suo uomo, ormai già tra le spire di Thanatos, secondo la testimonianza di Kisling.
Un amore, quello tra Jeanne e Modì, che resiste imperterrito allo scorrere inesorabile del tempo, trattenuto in un abbraccio eterno. Tuttora i due amanti sono sepolti l’uno accanto all’altra nel cimitero Père Lachaise a Parigi.
Clara Letizia Riccio