Nel nostro appuntamento di oggi, il Ventre di Napoli ci porta alla scoperta dell’ospedale San Gennaro di Napoli, nel centro storico del Rione Sanità.
Le sue remote origini risalgono alla fine del XIII secolo: nel 1282 i monaci benedettini fondarono, ai piedi della collina di Capodimonte, un convento. Nove anni più tardi, nel 1291, su loro iniziativa sorse un ospedale crociato per i poveri, che fu affidato ai Cavalieri Templari degli ospedali di Capua e di Sant’Eligio. A partire dal 1308, la sua sede fu collocata accanto all’antica chiesa di San Gennaro fuori le mura (la Sanità infatti è considerata parte della città extra moenia), la cui costruzione risale al V secolo d.C, mentre la sua amministrazione fu ceduta alla confraternita laica dei nobili e artigiani di Napoli, nonostante continuasse a rimanere proprietà dei benedettini.
Dopo l’abbandono subito nel corso del XV secolo, nel 1468 il monastero divenne, per volere del cardinale Oliviero Carafa, un ospedale destinato agli appestati. L’Ospedale, chiamato Ospizio dei Poveri dei SS. Pietro e Gennaro, nel 1474 fu affidato da papa Sisto V alla confraternita laica di San Gennaro insieme al convento, a seguito di una disputa legale tra la suddetta confraternita e i monaci benedettini.
Dopo aver ospitato i malati di peste nel 1516, tra le azioni degne di nota della chiesa, che nel 1560 poteva contare su un’entrata annua di 600 ducati, si ricorda la costruzione di case destinate ai poveri e alle giovani sedotte e abbandonate, il cui mantenimento era garantito dalle donazioni di privati e benefattori.
Dal 1631, fu il nuovo ospizio di San Gennaro a Materdei, donato dal principe Bartolomeo d’Aquino di Caramanico, ad ospitare le giovani donne. Soltanto nel 1656, l’ospedale dei SS. Pietro e Gennaro fu nuovamente adibito a lazzaretto e successivamente esteso grazie all’opera del viceré don Pietro d’Aragona. Dopo la peste del 1656, le statue dei santi Pietro e Gennaro, restaurate da Cosimo Fanzago nel 1667, furono collocate all’esterno dell’edificio.
Nel 1735 Carlo III di Borbone ribattezzò l’ospizio con il nome di Real Ospedale di San Gennaro e San Pietro dei Poveri, potendo contare sull’apporto di numerose donazioni da parte dei nobili della città, specie della regina Maria Amalia di Sassonia.
Una nuova commissione municipale riorganizzò l’amministrazione del luogo, i cui collegamenti viari vennero migliorati grazie alla costruzione di largo Mercatello, di piazza Carlo III nel 1765 e di via Foria nel 1768.
Dal 1752 il Real Albergo dei Poveri tornò a fornire ospitalità ai giovani bisognosi d’ambo i sessi, ritrasferiti dal San Gennaro di Capodimonte .
Il decreto regio di Gioacchino Murat del 12 novembre 1809 stabilì che il San Gennaro di Capodimonte avrebbe dovuto accogliere solo gli anziani indigenti d’ambo i sessi, soprattutto disabili. L’anno successivo le giovani donne furono trasferite nel Real ritiro ed educandato di Santa Maria Regina Paradiso e Sant’Antonio da Padova , fondato dal sacerdote napoletano Antonio Iannone. Nel 1816 gli anziani ospitati nel San Gennaro, il cui numero era notevolmente aumentato, venivano pagati per esibire la bandiera ospedaliera durante i cortei funebri privati e pubblici, vestiti di nero.
Nel 1862 il Real Ospedale di San Gennaro ebbe un nuovo direttore: il cavaliere Pietro Pezzullo, commissario municipale agli Ospedali, Ospizi e Opere pie di Napoli. Pezzullo, uomo energico e risoluto, con le sue scelte seppe garantire notevoli migliorie all’ospedale: confinò all’ultimo piano della struttura le suore oblate o laiche e promosse l’ingresso di nuovi dormitori e nuovi gabinetti, per rendere più confortevole il tenore di vita degli anziani ospiti affidando a loro stessi la pulizia e l’ordine dell’edificio. Come se non bastasse, riformulò l’amministrazione, riformò il vitto e ridusse drasticamente le spese, stabilendo che all’interno dell’ospedale lavorassero non più di dieci impiegati, regolò gli ingressi ricavati dalle partecipazioni ai cortei funebri che sappiamo ammontare a 72mila lire all’anno, grazie alla sua relazione del 1868 al Regio Municipio di Napoli. Sempre stando alle relazioni di Pezzullo le rendite aumentarono fino a 175mila lire nel 1871 e a 184.260 nel 1880. La sua azione rigorosa e riformatrice però non piacque a tutti, tant’è che il 1871 vide una rivolta delle oblate, a seguito della quale dieci di loro vennero allontanate e le altre disperse nei convitti limitrofi.
Dopo la I guerra mondiale, l’Ospedale fu destinato all’assistenza dei cranio-traumatizzati , mentre a seguito del II conflitto, divenne uno dei più importanti poli ospedalieri di Napoli, noto con il nome di «Ospedale Gustavo Morvillo». Nel 1956 al suo interno venne inaugurato il Pronto Soccorso Psichiatrico, seconda struttura specialistica nazionale dopo la Neurodeliri di Milano.
Nel 1965 all’interno dell’Ospedale, che aveva recuperato il nome originario di «San Gennaro dei Poveri», venne istituito il Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche, con ben 3 Divisioni di Neurologia, un Reparto di Neurochirurgia, un Servizio di Neurofisiologia, uno di Neuroradiologia ed un Pronto Soccorso Psichiatrico, oltre agli altri reparti specialistici.
L’Ospedale San Gennaro rimase il polo di riferimento regionale per la neuropsichiatria, unica alternativa valida ai manicomi, fino al 1978, quando la Legge 180 riformò l’assistenza psichiatrica ospedaliera e territoriale.
Sonia Zeno