Il 5 novembre è arrivato nelle sale statunitensi l’attesissimo “Interstellar”. La pellicola è stata distribuita in tutto il mondo, in Italia già dal giorno successivo.
Christopher Nolan è tornato. È stato definito in tanti modi, ma a quanto pare l’aggettivo giusto per lui non è stato ancora inventato. Un visionario? Questo è certo, ma limitarsi a tale termine sarebbe oltremodo riduttivo.
“Memento”, “Insomnia”, “The prestige”, “Inception”, inframmezzati dalla trilogia de “Il cavaliere oscuro”. La sua filmografia non ha bisogno di presentazioni, ma stavolta il regista, sceneggiatore e produttore britannico ha davvero superato se stesso.
Difficile definire “Interstellar” dal punto di vista del genere: sicuramente un film di fantascienza, ma con slanci d’avventura (spaziale, ovviamente) e con un tono di drammaticità che contribuisce a rendere la pellicola letteralmente epica.
Il film è ambientato in un ventunesimo secolo alternativo. Terribili piaghe atmosferiche stanno uccidendo i raccolti, devastando la Terra. Più che progredire in campo scientifico, la necessità primaria è procurarsi del cibo e quasi tutti sono diventati agricoltori per affrontare questa calamità. Le continue tempeste di sabbia hanno spazzato via quel che rimaneva dei campi di grano, e solo il mais sembra sopravvivere, ma probabilmente ci riuscirà ancora per poco.
L’ex astronauta Cooper (Matthew McConaughey) nota, anche grazie all’intuito e all’intelligenza della giovane figlia Murph che avverte qualcosa di “particolare” nella sua stanza, che la gravità sembra aver rivelato loro un messaggio in codice binario. Si tratta di coordinate attraverso le quali Cooper scopre che, nel luogo più nascosto al mondo, la NASA è ancora attiva in gran segreto ed ha assolutamente bisogno di un pilota esperto come lui: è in progetto una missione interplanetaria per salvare il futuro della Terra.
Il programma consta di due opzioni. Le alternative sono un piano A, che prevedrebbe di giungere in un’altra galassia attraverso un wormhole (cunicolo spazio-temporale) per trasferire l’intera popolazione terrestre su un altro pianeta abitabile, e un piano B, con la creazione, su un pianeta dove è possibile la vita umana, di una colonia con ovuli fecondati.
Andare e tornare è l’unica maniera che Cooper ha di salvare i propri figli e l’intera razza umana: trovare quel pianeta abitabile lavorando anche con i risultati della precedente missione Lazarus, e, a seconda del tempo che si rivelerà necessario, attuare il piano A o il piano B.
In questa sua missione Cooper sarà accompagnato da altri astronauti, da studiosi ed esperti della NASA, da due robot, e soprattutto dalla biologa Amelia Brand (Anne Hathaway).
2014: Odissea nello spazio, verrebbe da dire. Anzi, “Odissea Interstellare”, per usare il perfetto gioco di parole scelto dall’autorevole mensile Best Movie[1] per un approfondimento nel numero di novembre. Il nuovo capolavoro di Christopher Nolan non prescinde, inevitabilmente, dalla gigantesca produzione statunitense risalente al 1968. Nolan sa dove guardare, anche perché alla regia di quello che è considerato, da critici e addetti ai lavori, come uno dei più grandi film mai realizzati, c’era Stanley Kubrick, non esattamente l’ultimo arrivato. Un elemento di straordinaria profondità ed effetto che accomuna le due pellicole è l’utilizzo del silenzio nello spazio: per qualche secondo tutto si ferma, anche la musica, e lo spettatore, dalla poltrona della sala, si trova immerso in quell’universo lontanissimo ma mai così vicino.
“Interstellar” è letteralmente un film spaziale. Nolan ha l’ambizione e il coraggio di girare un film di esplorazione, un film sull’ignoto, viaggiando al suo interno, pronti al fatto che può accadere di tutto, ma che tutto accade per un motivo. È scienza. I riferimenti a contenuti propri della fisica sono molteplici, dalla relatività di Einstein (che con il celebre “paradosso dei gemelli” ci ha insegnato che il tempo non scorre sempre allo stesso modo, cioè non è una variabile che scorre in modo indipendente da tutto il resto) alle curvature dello spazio-tempo, dai buchi neri all’attrazione gravitazionale. Non è un caso che il fisico teorico statunitense Kip Thorne, specializzato in fisica della gravitazione e astrofisica e uno dei maggiori esperti di relatività generale, abbia lavorato come consulente scientifico del film e produttore esecutivo.
Subito inserito, su IMDb, nella classifica dei migliori duecentocinquanta film di sempre (Top 250)[2], “Interstellar” è immediatamente volato all’undicesimo posto. Chi lo ha già visto sa che non è un caso. Chi non lo ha ancora fatto dovrà provvedere al più presto. Il genio di Christopher Nolan ci ha regalato un’altra perla, superando qualsiasi confine, in tutti i sensi.
Marco Passero
[1] http://www.bestmovie.it/
[2] http://www.imdb.com/chart/top