Penultimo appuntamento della stagione di F1, a Interlagos. Un cumulo di emozioni ormai scaricate, tra chi il mondiale lo ha vinto solo ufficialmente in Messico e chi lo ha perso in più di una occasione. In Brasile ne si sono consumati di finali di stagione, e più volte questo brevissimo tracciato, semplice ed essenziale, ha visto laurearsi un nuovo campione del mondo. Dalle nostre parti lo ricordiamo bene, perché dieci anni fa avrebbe fatto sorridere anche Kimi Raikkonen, ultimo superstite tra i ferraristi proclamati campioni del mondo. Questo dicono gli almanacchi, nonostante una parte di noi ne conti nove e non dieci, nove gli anni dall’inizio della fine di un pilota che ha dato molto al Circus e in particolar modo al popolo verde oro e rosso.
Felipe Massa ha annunciato (per la seconda volta) il ritiro dalla F1, probabilmente l’ultima volta che correrà in Brasile e alternerà la gioia di sentirsi a pochi passi da casa con gli spettri di un sogno durato pochi secondi. Ultima curva, ultimo giro, ultima gara, nasce un astro di nome Lewis Hamilton e precipita il talento e le aspettative dell’uomo Felipe Massa.
Palesemente un dramma sportivo, e a distanza di anni ancora guardiamo le telemetrie e proviamo a capire dove fosse la buccia di banana di Mario Kart sulla quale Timo Glock fosse inciampato. Chissà, intanto un ‘obrigado‘ ce lo siamo già spesi un anno fa e lo riproponiamo.
Di gomma su asfalto si parlerà sempre meno, tant’è che basta che un mondiale finisca in anticipo che all’ordine del giorno passano tutt’altri argomenti e ci si scorda che le gare, insomma, restano gare. Oggi forse staremmo aspettando per l’ennesima volta un gran premio decisivo con Mercedes pronta a battere sull’incudine Ferrari e a dimostrarsi superiore fin dalle prime prove libere.
Le dichiarazioni che si percepiscono in giro, tra l’altro, prendetele davvero in poca considerazione. Da un lato Sebastian Vettel, che ha passato un intero mondiale a decantare – e anche troppo – le doti di una rossa che non ha mai smesso di provarci (e provandoci ha fatto il botto), tanto che ora sembra fare non uno, ma almeno un paio di passi indietro dalle sue parole. Qualora tutto fosse andato bene, a Interlagos la Ferrari avrebbe dovuto giocarsi la vittoria dell’iride, e magari sarebbe andata male comunque.
Dall’altro lato tutto in discesa per Lewis Hamilton, che ringrazia, e Max Verstappen che proverà a farci credere che è tutta farina del suo sacco e non merito di barbatrucchi vari (parliamo della presunta sospensione ‘illegale’ che introducemmo a inizio stagione).
Intanto, a farcela andare di traverso la pillola prima ancora di assaggiarla è Nico Rosberg, ex iridato 2016 (poleman 2010 a Interlagos), secondo cui, in barba a Nostradamus, il divario Mercedes-Ferrari potrebbe allargarsi nel 2018. A Maranello non c’è da aspettarsi di certo un inizio facile, soprattutto finché non potrà anticiparsi nelle tempistiche rispetto a Mercedes come avvenuto un anno fa.
E in tutto ciò, quest’anno ancora deve concludersi e potrebbe portare con sé delle novità a dir poco rivoluzionarie nello scenario della F1 moderna. Da quando la baracca la mantiene il signore coi baffi di Liberty Media, la fanbase è più che avvisata che prima o poi un nuovo forte e deciso cambiamento dovrà presentarsi. Il Patto della Concordia è un accordo commerciale che regola la partecipazione e il trattamento economico delle scuderie che partecipano al Campionato mondiale di Formula 1 così come organizzato dalla società Formula One Management. Accordo che nel 2021 dovrà essere rinnovato, e su cui già si fa un gran parlare. Da buon padre dello showbusiness, Chase Carey promette spettacolo, motori più rumorosi e performanti, conditi da una struttura di costi radicalmente diversa da quella oggigiorno in uso in F1.
Formula Uno, roba per pochi eletti, valigette di denari che il primo pilota che vuole un sedile porta al team per risanarlo dalla situazione economica in cui verte, pochi motoristi che forniscono più della metà delle monoposto in griglia e appeal che per 3/4 fa leva su Mercedes e Ferrari.
Si parla di budget cap, di un migliore utilizzo dei fondi, limitazioni ai forti investimenti dei grandi e ottimizzazione dei costi con l’immissione di tetto massimo spendibile. Un passo verso l’americanizzazione della vetrina più importante del motorsport, che renderebbe facile l’accesso di anche altri motoristi e finirebbe però per limitare gli investimenti di chi ha risorse sia tecniche che finanziare. Un passo verso la normalità, magari rivalutando l’aumento dei test, degli ‘allenamenti‘ che i piloti non possono condurre solo al simulatore. E di tutta risposta sono arrivate le minacce di Marchionne di tirarsi fuori dalla baracca, condite dalle accuse di Horner che ha dato dello ‘spaccone‘ al presidente di FCA. Vigono equilibri fin troppo lievi, e Marchionne sarà solo uno degli ostacoli che si metteranno sulla strada di Liberty Media, che è un po’ troppo ottimista sulle speranze di poter dire la propria e placare i capricci di chi ormai, oltre che storia, è la Formula Uno da cinquant’anni ad oggi. Ci vediamo a Interlagos.
Nicola Puca
Fonte immagine in evidenza: formula1.com