«Il quadro è nelle mie mani, appartiene all’Italia perché Leonardo è italiano».
E’ così che andò la telefonata fatta dall’imbianchino di Varese Vincenzo Peruggia, colui che fu l’autore del furto fra la notte del 20 e 21 agosto 1911, avvenuto più cent’anni fa, al Louvre di Parigi, della Gioconda. Avvenne di lunedì, giorno di chiusura del museo e, nonostante i dubbi del pittore copista Louis Béroud che si accorse il giorno successivo del furto dell’opera; in un primo momento si pensò a uno spostamento per fotografare l’importante quadro di Leonardo, come avveniva spesso per i dipinti del Louvre. Così, mentre la polizia francese indagava, al posto della Gioconda sulla parete fu collocato il «Ritratto di Baldassarre Castiglione» di Raffaello.

Negli stessi giorni Peruggia lasciò la Francia e fu lui stesso durante il processo a raccontare la dinamica dell’accaduto.
Dopo alcuni mesi andò in Italia, nel suo paese d’origine sembra, con l’opera e solo a dicembre 1912 si recò a Firenze, dove contattò Geri, antiquario fiorentino, ricevette una lettera da parte del ladro e, che citava la frase d’apertura del nostro articolo in più con una richiesta di 500 mila lire per restituire la Gioconda. Fu organizzato un incontro per salvare la Gioconda: nella stanza numero 20 dell’Hotel Tripoli, l’antiquario Geri e il direttore degli Uffizi dell’epoca – Giovanni Poggi – verificarono subito l’autenticità del quadro, conservato in una valigia sotto un letto. Il ladro fu processato e arrestato, mentre la Gioconda tornò a splendere sotto gli occhi dei turisti di tutto il mondo al Louvre di Parigi.

Leonardo da Vinci fu scrittore, scultore, inventore, ingegnere militare, scenografo, anatomista, pensatore, uomo di scienza ma più che altro fu una vera e propria figura emblematica del Rinascimento. Molte sono le opere da lui lasciateci in eredità come la Gioconda, per l’appunto, la Dama con l’Ermellino, la Vergine delle Rocce, l’Ultima Cena e così via. Leonardo è considerato uno dei più grandi geni dell’umanità dato che fu capace di unire all’estro artistico la razionalità scientifica, perfettamente in linea con lo zeitgeist rinascimentale. A Firenze Leonardo trascorre dodici anni della sua intensa formazione e inizia a sperimentare, presto entra sotto la protezione del quasi coetaneo Lorenzo de’ Medici, raffinato umanista, scaltro mercante, astuto statista e abile politico, ma soprattutto impareggiabile diplomatico: in breve, un maestro della comunicazione.

Per il giovane Leonardo, Lorenzo è un esempio affascinante di tecnica della comunicazione, dove l’efficacia persuasiva della parola “si” basa sull’eloquenza e la psicologia, e con questo Leonardo viene ad affinare il proprio linguaggio visivo adottando, una forma di pittura “parlante” che con l’Adorazione dei magi del 1481. Leonardo fu escluso dal gruppo di artisti che nel 1480 Lorenzo de’ Medici inviò al papa Sisto IV per affrescare la Cappella Sistina ed è probabilmente questo uno dei motivi per cui decise di lasciare Firenze e, per un po’, anche la pittura ma è nel 1503 che a Leonardo fu affidata la decorazione di una delle pareti del Salone del Cinquecento a Palazzo Vecchio a Firenze in cui Leonardo decise di ritrarre la “Battaglia di Anghiari”.  La parete di fronte fu riservata a Michelangelo per un affresco gemello, la “Battaglia di Càscina”: una vera e propria sfida tra maestri assoluti di cui, purtroppo, rimangono poche tracce. Una delle caratteristiche della pittura e dell’arte in generale di Leonardo era di disegnare personaggi e volti grotteschi e deformi in una sorta di analisi fisiognomica delle persone ed è, infatti, che i suoi disegni sono alla base di una particolare tecnica artistica: la caricatura.

Ed è così che Leonardo da Vinci fra manoscritti, dipinti, opere e caricature è divenuto, grazie al suo grande Genio, uno degli artisti italiani più riconosciuti al mondo.

Claudia Polo

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