Curioso come a una settimana dalla storica decisione di Papa Francesco di aprire la Porta Santa il 29 novembre a Bangui, capitale della martoriata Repubblica Centrafricana, un’ordinanza del Comune abbia decretato la chiusura del Baobab, il più rilevante centro di accoglienza per profughi africani non regolari a Roma.

Il rinnovato sentimento di fratellanza verso le popolazioni più disagiate del pianeta si è spento subito al cospetto della realtà, fuori dai proclami e dalle buone intenzioni.

Il centro Baobab, situato in Via Cupa, zona Tiburtina, è una delle rare associazioni romane ad essere gestita completamente da volontari (è così da 5 mesi) ed ha affrontato con successo l’ondata migratoria che ha investito tutta l’Europa, fornendo un servizio supplementare (o forse complementare) all’azione delle istituzioni e di incommensurabile valore perché volontario, di qualità e anche di quantità (40.000 i profughi accolti quest’estate secondo i volontari).

Il centro ha dovuto chiudere i battenti il 6 Dicembre per motivi amministrativi (la controversia con la proprietà va avanti da molto), e dunque ufficialmente non per motivi di ordine pubblico. Risulta difficile allora comprendere il blitz del 24 novembre della polizia locale, che in tenuta anti-sommossa e con l’ausilio di unità cinofile aveva perquisito e deportato decine di profughi, allo scopo di identificarli.

I migranti che trovano accoglienza al Baobab sono spesso privi di documenti proprio perché sperano di non essere identificati e sfuggire così al meccanismo di Dublino, che gli vieterebbe il viaggio verso i Paesi del Nord Europa. Sono qui solamente di passaggio, insomma, e il Baobab li ospita e li cura finché non potranno ripartire. Allora la reazione dei volontari al blitz fu molto accesa, anche se mai violenta. Essi però denunciarono che a loro avviso quello era stato un segnale del sentimento di paura innescato dagli attentati di Parigi e dalla propaganda politica post-parigina.

Ora che la struttura è stata chiusa i volontari del centro sono ancora stanziati a Via Cupa, cercando con sistemazioni di fortuna, e grazie alle molte donazioni ricevute dai cittadini romani, di continuare a svolgere il loro servizio, procurando cibo e vestiti per i migranti.

Dall’8 dicembre Medici per i Diritti Umani (MEDU) ha messo a disposizione dell’associazione un camper, “per un presidio fisso in Via Cupa al fine di dare prima assistenza ai migranti più vulnerabili che sbarcano a Roma”.
Il presidio continuerà ad operare almeno fino al 15, data in cui è previsto un incontro con il Commissario Tronca nel quale verrà presentata una lista di possibili nuove strutture per l’associazione. La struttura dovrà essere adeguatamente grande, con servizi degni e in prossimità di una delle due principali stazioni romane. Queste sono le richieste dei volontari. Sempre il 15, infine, si capirà se tutti i profughi del Baobab saranno stati correttamente ricollocati e più in generale la nuova politica di Roma riguardo l’emergenza migranti.

Valerio Santori

(twitter: @santo_santori)

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