Il crollo avvenuto a Camerano durante i lavori di ampliamento di un tratto della A14 è solo l’ennesimo tristissimo episodio. L’Italia ha un serio problema e deve risolverlo: la soluzione potrebbero essere i rifiuti.

Il crollo del cavalcavia sulla A14 all’altezza di Camerano denuncia un nervo scoperto a cui bisogna porre rimedio trovando una soluzione immediata: i rifiuti edilizi potrebbero rappresentarla. L’Italia ha un serio problema di manutenzione stradale: Scorciavacche, sull’Agrigento Palermo, la SS554 in Sardegna e il viadotto Italia e un tratto della Salerno-Reggio Calabria sono solo tre dei più recenti crolli avvenuti lungo la rete autostradale italiana. Ai problemi di viabilità cittadina e urbana si aggiungono, quindi, nell’ultimo periodo quelli legati ai tratti di competenza dell’Anas.

Consultando il Siteb è possibile comprendere dove sia l’origine del male: oramai moltissimi tratti autostradali hanno più di 35 anni e se le risorse destinate alla manutenzione del manto stradale denunciano una mancanza di circa 10 miliardi il risultato di questa somma è facilmente intuibile. Oggi, rispetto ai dati presentati nel 2006, servirebbero ulteriori 30 miliardi. Le strade abbandonate a loro stesse invecchiano, si deteriorano e crollano provocando disastri.

Le due vittime del crollo a Camerano erano evitabili? Sicuramente. La Magistratura non esclude un errore umano durante le operazioni di manutenzione, ma senza scendere nel merito del singolo episodio è chiaro che la situazione vede i veri colpevoli in chi si occupa della progettazione degli interventi di messa in sicurezza delle strade o meglio in chi si occupa di stanziare i fondi per gli interventi stessi. La Franchini, presidentessa degli autotrasportatori artigiani, ricorda che da anni vengono denunciati gli stati precari e disastrati di alcuni ponti, ma nonostante ciò si continuano a progettare opere faraoniche e a non destinare i fondi necessari alla messa in sicurezza delle infrastrutture: un’operazione mediaticamente meno attraente, ma fondamentale.

rifiuti

La mancanza di fondi, però, non è l’unico grande problema: estrarre materiale vergine per realizzare asfalto non è più sostenibile. Il numero di cave in Italia si è ridotto, molte hanno chiuso definitivamente i battenti mentre altre hanno visto ridursi il quantitativo di inerti estratti. Le nuove tecnologie, però, permettono di produrre asfalti riciclati. Questa soluzione, a portata di mano e fattibile, si scontra con un’altro problema tutto italiano.

I dati ufficiali sui rifiuti edilizi smaltiti in Italia parlano di poco più di 84 miliardi di tonnellate, un terzo di quelli smaltiti in Francia, ma anche appena il triplo di quelli del Belgio. Non è plausibile considerare queste stime affidabili, anzi. In Italia è consuetudine smaltire i rifiuti edilizi in discariche illegali e si stima, non in via ufficiale, che quasi il 90% del materiale sfugga alla filiera legale che potrebbe condurre anche al riciclo.

Cosa spinge però anche la filiera legale a prediligere la discarica al riciclo? I costi. Sì, perché oggi in Italia è molto più economico scaricare i rifiuti in discarica piuttosto che analizzare i rifiuti e selezionarli per il riciclaggio. Appare evidente che la soluzione al problema della mancanza dei fondi da destinare alla manutenzione e alla carenza di materia prima potrebbe essere fornito dai rifiuti edilizi stessi. Però il rallentamento e l’impasse di decreti come il end of waste, che definisce il confine tra rifiuti riutilizzabili immediatamente e quelli da trattare, che viene applicato con totale discrezione in ogni Regione, impedisce di affrontare sul serio il problema.

Francesco Spiedo

 

 

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