Walt Whitman scriveva «Dammi odoroso all’alba un giardino di fiori bellissimi dove io possa camminare indisturbato».
Molti i poeti che in passato hanno composto versi e liriche ispirandosi ai fiori e ai campi verdi di una volta, ricchi di colori e di api. Se oggi un poeta del passato si trovasse in una delle nostre campagne, abbandonate a mere scacchiere in cui si alternano terreno secco e sporadica vegetazione selvatica, non avrebbe di cui gioire. Si ritornerebbe senz’altro a quei versi decadenti di fine ‘800, inizio ‘900. Infatti dallo spazio il mondo delle campagne, se non fosse per determinate zone del pianeta quali parchi e aree protette, i fioriti campi olandesi ricchi di colori e le altre poche zone verdi del pianeta, potrebbe dirsi spento e appassito. Oramai, campagne e foreste verdi di propria natura e non coltivate sono sempre più rare: anzi molto spesso tendiamo sporadicamente anche a bruciarle come se non contassero nulla; tendiamo ad abbattere continuamente ambiente verde.
Si sta perdendo quindi la biodiversità legata ai campi e ai fiori, soprattutto a causa del loro abbandono e per il molteplice uso di pesticidi e di metodi di coltivazioni come le monoculture: una biodiversità che, partendo dai fiori, nutre tutta una catena, alimentare e sociale, di cui fanno parte anche le api. Una biodiversità che a causa dell’incessante utilizzo di fertilizzanti di sintesi e prodotti fitosanitari richiesti dai terreni, ne riducono fortemente i colori.
È proprio da esseri ritenuti erroneamente inutili da ancora troppe persone, come api, farfalle, altri insetti e piante che parte la catena sociale e alimentare della vita.
Come detto, i poeti del passato elogiavano le campagne, i colori dei fiori e degli insetti che vi posavano, scrivevano della dolcezza del frutto del lavoro che alcuni di questi insetti producono dai medesimi fiori.
Ai tempi dei romani la natura era portatrice di ozio, delizia, tranquillità e vitalità; ma un particolare autore latino si era anche soffermato sulla dolcezza consolatoria della natura e sulla versatilità delle campagne viste come ambiente di lavoro e di produzione del miele romano e dell’idromele dovuta all’apicoltura. Era il poeta latino Virgilio che, nel IV libro delle Georgiche, descrive l’apicoltura analizzando minuziosamente abitudini e specie, spiegando qual è la stagione migliore per raccogliere il miele, come farlo e come curare le malattie che colpiscono le api. Per Virgilio il lavoro e la dedizione delle api rappresentavano l’approccio esatto utile a indirizzare la società romana verso la visione stoica che voleva reincarnare nel sommo Augusto, cui tanto era devoto e che, secondo lo stesso Virgilio, meglio personificava i veri valori patri e gli ideali aviti del Mos maiorum romano.
Il lavoro visto non più come una condanna, ma come dono divino e benefico che porta al progresso personale dell’uomo, elevandolo, viene eticamente e culturalmente elogiato. Molta quindi l’importanza delle api: esse hanno un’organizzazione comunitaria, caratterizzata dalla fedeltà alla casa e alle leggi, dalla condivisione delle risorse e dalla dedizione al lavoro, in una tipica visione stoica della società. Le api, inoltre, sono disposte anche al sacrificio personale per il bene comune e mantengono l’assoluta dedizione al capo, l’ape regina: tutti elementi del più puro idealismo augusteo. Oggigiorno le api possono anche essere usate come barriera naturale per tenere lontani animali come i pachidermi dal prezioso raccolto presente nei campi dei contadini africani.
In Italia invece, proprio a causa di fertilizzanti e pesticidi, le api spariscono. A confermarlo un’articolo della Coldiretti secondo cui, a causa del massiccio utilizzo di prodotti fitosanitari, è stato riscontrato un alto aumento della moria delle api con un corrispondente netto calo della produzione di miele che quest’anno è ai minimi storici. Il miele è una riserva di energia non solo per noi, ma soprattutto per le api stesse che senza non avrebbero di che sopravvivere.
Greenpeace prende in considerazione l’idea di piantare piante adatte all’impollinazione da parte delle api e nella sua campagna chiede al governo italiano e alla Commissione Europea di mettere al bando, per sempre, i pesticidi dannosi per le api, ma anche di aumentare i finanziamenti per la ricerca, lo sviluppo e l’applicazione di pratiche agricole ecologiche. Infatti alcuni pesticidi usati nell’ambito agricolo definiti “Neonicotinoidi” colpirebbero esattamente l’apparato riproduttore di insetti impollinatori, danneggiando gravemente le api regine. L’Imidacloprid invece danneggia il cervello delle api portandole addirittura a perdere l’olfatto!
Quali potrebbero essere quindi le soluzioni a favore della tutela della api? Bisognerebbe innanzitutto legiferare per il non uso dei pesticidi, come già successo in settanta amministrazioni italiane oppure adottare nuovi tipi di coltivazioni, come quella idroponica con irrigazione a gocce.
Bisognerebbe inoltre ridare colori ai campi, soprattutto quelli abbandonati, favorendo così il ritorno delle api. Proteggere questi piccoli insetti sociali significa proteggere una catena, una biodiversità di cui anche noi siamo parte. Proteggere le api è proteggere la vita.
Andrea Pasciuto