Il Ponte sullo Stretto è una di quelle cose che ciclicamente i politici italiani tornano a promettere, convinti della presa elettorale della proposta, senza riflettere sulla reale utilità e convenienza del progetto. Uno dei più grandi sponsor del progetto negli ultimi anni è stato, come ben noto, Silvio Berlusconi, che oggi viene ancora una volta scavalcato a destra dal premier Renzi.
Renzi, prima oppositore, ora convinto sostenitore di questa grande opera che dal dopoguerra in poi ha sempre avuto un posto d’onore tra le promesse mai mantenute della politica italiana.
L’ultimo atto della travagliata vicenda era stato siglato dal governo Monti, che nel 2012 nella legge di stabilità stanziò un fondo di 300 milioni per il pagamento delle penali per la mancata esecuzione dell’opera. Il 31 ottobre 2012 l’esecutivo prorogava di due anni la decisione sulla fattibilità del progetto, la legge 221/2012 stabilisce che la Stretto Messina S.p.a e la società vincitrice dell’appalto Eurolink stipulino un accordo alla luce dello stato economico e finanziario. Il 1° marzo 2013 tale accordo non viene raggiunto ed il progetto viene definitivamente accantonato, viene chiusa la Stretto Messina S.p.a (controllata all’81,8 % dall’Anas, cui socio unico è il Ministero dei Trasporti); ma per l’esecutivo non finiscono i guai: la Eurolink ha infatti un credito di almeno 45 milioni per le opere già realizzate, ed i ricorsi sono dietro l’angolo.
Oggi Renzi dice che «Prima di discuterne sistemiamo l’acqua di Messina, i depuratori e le bonifiche. Poi – ha spiegato il premier – faremo anche il ponte, portando l’alta velocità finalmente anche in Sicilia e investendo su Reggio Calabria, che è una città chiave per il sud. Dall’altra parte dobbiamo finire la Salerno-Reggio Calabria. Quando avremo chiuso questi dossier sarà evidente che la storia, la tecnologia, l’ingegneria andranno nella direzione del ponte, che diventerà un altro bellissimo simbolo dell’Italia», un simbolo bellissimo dunque, che pure ancora oggi, fermato il progetto, pesa sulle casse dello Stato. Secondo l’ammissione dello stesso Ministro delle Infrastrutture Graziano Del Rio, infatti, «È tuttora pendente un contenzioso presso il Tribunale di Roma promosso dal Contraente generale Eurolink che ha chiamato in causa la società Stretto di Messina, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e la Presidenza del Consiglio. C’è una causa in corso e la prossima udienza è fissata a novembre, per cui non sono in grado di quantificare gli oneri a carico dello Stato».
L’esecutivo riapre la questione Ponte sullo Stretto in un momento in cui il sud è più che mai in crisi infrastrutturale, politica ed economica.
Parlare del Ponte al giorno d’oggi è qualcosa di illusorio e al limite del fantascientifico: come si può anche solo pensare un’opera di queste dimensioni in una Regione che non riesce a garantire il minimo indispensabile ai propri cittadini? Le autostrade siciliane sono in condizioni pessime: il pilone caduto sulla Catania-Palermo, i continui disagi sulla Catania-Messina e sulla Catania-Siracusa, la mai completata Siracusa-Gela e l’elenco potrebbe continuare. La disoccupazione si attesta al 22,3% e la Regione, secondo la Corte dei Conti, toccherà entro il 2015 quota 7,9 miliardi di debiti.
Queste promesse non solo non fanno bene alla Sicilia, ma sono il segno di un esecutivo che non riesce a sintonizzarsi con i reali bisogni della Sicilia e del Sud Italia. Una Sicilia carente sotto ogni punto di vista che ha bisogno di interventi concreti ed urgenti e non dei soliti annunci a cui non credono probabilmente nemmeno i suoi stessi banditori. E seppur il nostro Presidente del Consiglio abbia presentato un “Masterplan per il Mezzogiorno” nel novembre 2014, nella Legge di Stabilità (così come riportato da lavoce.info) non vi sono significativi interventi per un Sud che fatica ad uscire dalla crisi.
E quindi basta parlare di ponti e opere mastodontiche, perché il Sud è un malato sempre più grave e convincere il malato che presto potrà partecipare ad una maratona, quando questo non può nemmeno camminare, è solo un pessimo tentativo di raccattare consenso.
Caro Renzi, noi siciliani, noi meridionali, non vogliamo la Luna, vogliamo solo ciò che ci spetta: lavoro, ripresa e servizi. Tutto il resto è noia.
Antonio Sciuto