Ferrari

Mille è un numero impressionante. Soprattutto se serve a contare le volte che la Ferrari, dal 1950 ad oggi, ha ‘calpestato’ l’asfalto di un gran premio di Formula Uno. Ad essere precisi, al momento saremmo a 991, ma con un campionato alle porte raggiungere quella cifra è solo una questione di tempo.

Questo numero, così pieno di storia e carico di responsabilità, è lo stesso che ha dato il nome alla monoposto 2020, svelata al pubblico in diretta mondiale dal teatro municipale Romolo Valli di Reggio Emilia, nella città dove il 7 gennaio 1797 nasceva la bandiera nazionale della futura Italia unita.

La neonata di Maranello è meglio conosciuta come SF1000 ed è in linea di massima un’evoluzione del progetto passato, all’apparenza una vettura che punta a colmare le lacune che lo scorso anno ha più volte palesato sul tanto agognato carico aerodinamico, e che dato il numero di gare punterà a meglio spalmare la sua competitività in giro per il mondo. Ma questa SF1000 è anche una sopravvissuta, o, se vogliamo, l’ultima di una serie di monoposto che dal 2014 a oggi, con l’era ibrida dominata da Hamilton, molti di noi vorrebbero mettere da parte.

Vista laterale della nuova Ferrari SF1000

Tanti, troppi i particolari e le trovate che non siamo capaci di cogliere in queste prime battute (e chissà durante l’anno), eppure con qualche raccomandazione di chi ne mastica alcune differenze con la SF90 sono alla portata di tutti. Almeno quelle visibili. Resta nel complesso una filosofia outwash, orientata cioè a deviare il flusso verso l’esterno, con un nuovo sistema di sospensioni anteriori per garantire all’avantreno maggiore flessibilità e adattabilità alle varie tipologie di tracciato. Il posteriore e la zona dei bargeboards hanno subito importanti variazioni. Sul primo è evidente (e non per questo deve impressionare poco) quanto le forme in corrispondenza del cofano motore siano state portate al limite, alleggerendo anche la struttura e guadagnando più margine di zavorra.

Spuntano, tra l’altro, ai lati dell’airscope, due convogliatori di flusso che ritroviamo anche nel nose. I bargeboards, invece, che rappresentano la complessa serie di pannelli verticali che si aprono tra gli pneumatici anteriori e le pance, sono stati rivisti secondo configurazioni simil-Red Bull. Sulle ali, infine, resta poco da dire, considerato che si tratta di componenti difficilmente esposte in questa fase della stagione (si rimanda quindi ai test di Barcellona per ulteriori aggiornamenti sulle prime versioni). Il muso ha mantenuto la matrice già vista dallo scorso GP di Singapore, mentre la PU dovrebbe assicurare qualche cavallo in più oltre che più efficienza e affidabilità, soprattutto considerando il ridotto consumo di olio in gara (circa il 50%) che è stato introdotto come modifica regolamentare quest’anno.

La nuova SF1000 di casa Ferrari vista di tre quarti. Appare evidente lo sforzo costruttivo fatto per rastremare il retrovettura e allargare la superficie utile del fondo vettura.

Non saranno, comunque, gli occhi indiscreti di un fan di metà febbraio a spingere la nuova Ferrari verso il suo vero potenziale. Del resto, abbiamo imparato nel tempo che in uno scenario che premia il millesimo di secondo o il mezzo grado di smusso la concorrenza impazza e, anzi, gli sviluppi in itinere sono il vero asso nella manica delle scuderie. Tra l’altro, come ha ricordato Mattia Binotto sul palco del Romolo Valli, gli ingegneri sono anche già al lavoro per il 2021 in vista delle grosse modifiche che arriveranno al regolamento tecnico. Anno zero, il 2021, in previsione del quale la Ferrari ha iniziato finalmente a mettersi in proprio, bloccando Charles Leclerc fino al 2024 e, soprattutto, riaprendo le porte a Simone Resta (già in Ferrari in questo decennio e direttore tecnico in Alfa Romeo fino a luglio scorso).

Il ruolo che l’ex capo progettista Ferrari dovrà ricoprire questa volta a Maranello sarà ben più rotondo, dal momento che dovrà prendere le redini e assorbire una delle modifiche regolamentari più drastiche degli ultimi tempi (ritorno all’effetto suolo), mantenendo i contatti con la FIA prima di avviare la nascita della Rossa che sarà la base dei prossimi cinque anni. Quanto al 2020, intanto, c’è da dover spingere ancora molto per tentare di stare al vertice, sebbene i divari abbiano iniziati ad appiattirsi e la posta in palio a ripartirsi tra più interpreti (vedi le pole di Leclerc e le vittorie non più mono-hamiltoniane).

Confronto frontale tra la Ferrari SF90 e la SF1000. Si nota subito la diversa altezza a cui è collocato l'alettone posteriore, oltre che la diversa geometria dei bargeboards.

“Forse siamo troppo esigenti con noi stessi”, ha detto Louis Camilleri quando chiamato sul palco, “forse di più di quanto lo possa essere chiunque altro”. Sono le parole dell’amministratore delegato Ferrari che, ancor più di quelle citate del Drake Enzo Ferrari, restano il leit motiv della serata di presentazione della SF1000. Un vero e proprio spettacolo che, tra musiche e balli, ha portato un’orchestra vera (nel binomio con un deejay come Benny Benassi) a raccontare anche attraverso le note la bellezza che le forme di un’auto da corsa riesce a regalare anche a teatro.

Questi 70 anni di Formula Uno, del resto, devono poter davvero valere oro, tanto che tra “Mission Winnow” (che a qualcuno sta forse troppo sulle scatole) ed “essere Ferrari” pendiamo decisamente dalle parti del secondo hashtag, che almeno ci rende fieri. Spesso, infatti, tendiamo a dimenticare le storie, le persone oltre le cose (direbbero in qualche spot pubblicitario). Persone che investono tempo, fatica e soprattutto consumano la loro passione nel trasformare un lavoro di mesi (a volte anni) nelle nostre pacate domeniche pomeriggio, e le ore di fatica dietro uno schermo o in fabbrica nei nostri resoconti che da ingegneri mancati pronunciamo dal divano.

In poco meno di un secolo, tra l’altro, quasi una sola generazione sarà passata dal conoscere il modello a “barchetta” (simpatico epiteto con cui si dice che Gianni Agnelli definisse la prima 125 S) al mostro di efficienza e tecnologia che oggi rappresenta una vettura di Formula Uno come la SF1000. Un confronto impari, certo, ma che saltuariamente è bene riportare alla luce per ridimensionare e imparare ad apprezzare ciò che più volte, ai nostri occhi, appare semplice, quando dietro ha mille complessità.

Intanto i primi giudizi di chi vuol metterci bocca sono rimandati ai test che avranno luogo a fine febbraio, nella speranza che siano molto più d’ausilio agli addetti ai lavori che non alle nostre allampanate teorie.

Visto il successo riscontrato, probabilmente il format usato per la presentazione della SF1000 a Reggio Emilia non resterà un unicum. Ma il nome, il marchio che richiama il padre che gli diede la vita, quello sì.

Nicola Puca

Fonte immagine in evidenza: f1grandprix

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