Carissimi lettori, Libero Pensiero vi dà il ben ritrovati all’appuntamento settimanale con Il Mondo in Questione, l’unica rubrica che rende possibile il giro del globo in cinque notizie. Si comincia!
BRASILE, PRIMO CONSIGLIO DEI MINISTRI PER IL NUOVO GOVERNO
È tempo di voltare pagina, per il Brasile: ieri il Governo di transizione, presieduto da Michel Temer, ha tenuto il primo Consiglio dei Ministri del dopo Dilma Roussef, dimessasi nei giorni scorsi tra le polemiche e le accuse di golpe rivolte ai suoi oppositori. In seguito ai lavori, cui la stampa non ha potuto avere accesso, la conferenza stampa di alcuni esponenti chiave del nuovo esecutivo ha chiarito alcuni dei punti programmatici da seguire: la priorità sarà data al risanamento delle finanze pubbliche, col Ministro della Pianificazione, Sviluppo e Gestione, Romero Jucá, che ha promesso che «il Tesoro va gestito con senso di responsabilità. Il denaro è poco. Pertanto, va impiegato ad esclusivo beneficio del popolo». Lo stesso Presidente ad interim Temer ha ammesso che il momento è «difficile» e che per combattere la recessione vada aperta la strada agli investimenti, creando un ambiente economico accogliente per i capitali in ingresso nel Paese; «il motto del Brasile è “Ordine e Progresso” – ha affermato il neo mandatario – L’espressione che campeggia nella nostra bandiera non potrebbe essere più attuale, oggi va di nuovo seguita». Non sono però mancate le critiche: secondo quanto riporta Prensa Latina, i maggiori sindacati brasiliani, vicini all’ex Presidente Roussef, hanno già rifiutato le proposte di Temer, accusando tra l’altro il nuovo esecutivo di ospitare tra le proprie fila diversi soggetti implicati in vicende di corruzione.
KENYA: IL BILANCIO DELLE OPERAZIONI MILITARI CONTRO GLI ISLAMISTI
Le forze di sicurezza kenyote hanno ucciso 10 sospetti militanti di al Shabaab e ne hanno arrestati altri 36 negli ultimi nove mesi, da quando è partita una vasta operazione contro gli insorti. La branca somala di al Shabaab aveva rivendicato una lunga serie di attacchi terroristici in Kenya che negli ultimi tre anni avevano causato centinaia di vittime. James Ole Serian, comandante delle operazioni congiunte fra polizia ed esercito ha dichiarato che le truppe kenyote, per scovare i terroristi, ha fatto perlustrare in lungo e in largo la foresta di Boni, luogo utilizzato come quartier generale dai miliziani. Il capo della Task Force ha altresì dichiarato che nei pressi della foresta è stata installata una base permanente al fine di poter garantire sempre un elevato standard di sicurezza.
DAMASCO, UCCISO IL COMANDANTE MILITARE DI HEZBOLLAH
Risale probabilmente al 12 maggio la morte di Mustafa Badreddine, ucciso da un’esplosione nei pressi dell’aeroporto di Damasco. Stando al comunicato attraverso cui il gruppo militare ha reso noto il decesso, la presenza di Badreddine in Siria era dovuta alla necessità di fronteggiare i gruppi estremisti. L’emittente libanese Al-Mayadeen TV ha in un primo momento accusato Israele di aver ordito l’attacco ai danni del comandante. Tuttavia, l’accusa non è stata supportata da al-Manar, secondo cui non è ancora possibile identificare il colpevole. Le tensioni tra Israele e Hezbollah sono radicate nel tempo: il gruppo nasce a seguito dell’occupazione israeliana del Libano, risalente al 1982, da allora gli israeliani sono stati a più riprese ritenuti responsabili dell’uccisione di esponenti e comandanti di Hezbollah – Israele, che secondo i media locali ha scelto di non esprimersi su Badreddine, ha sempre rigettato le accuse. La figura di Badreddine è quanto mai controversa: indagata per l’assassinio dell’ex premier libanese Rafik Hariri, considerata a capo delle operazioni in Siria a favore di Assad, nel corso del tempo è stata messa in relazione ad attentati e attacchi – tali aspetti, oltre a evidenziare la centralità di Badreddine, lasciano intuire la rilevanza assunta dalla sua uccisione.
IL WASHINGTON POST CONFERMA: 2 “CONTACT TEAMS” SONO PRESENTI IN LIBIA
Nella giornata di venerdì è arrivata la conferma da parte del Washington Post dell’esistenza di due piccole basi USA in Libia, operanti con l’obiettivo di intrecciare rapporti con le forze locali ostili all’Is. Sono basi di dimensioni ridotte e vi operano solo poche decine di soldati, ma il loro essere “uscite allo scoperto” è un chiaro segnale che gli Stati Uniti non si disinteressano affatto della questione libica, ed anzi sono lì attivi e pronti ad eventuali missioni. L’installazione delle due basi rientra nell’ordine di quelle che oltreoceano chiamano “small wars“: piccole guerre che non prevedono un intervento massiccio in termini di uomini, ma che permettono comunque importanti passi avanti difficilmente ottenibili altrimenti. Gli USA non sono i soli ad utilizzare questi “contact teams”, specialmente in Libia. Il Washington Post ha infatti evidenziato come anche la Francia e l’Egitto siano qui molto attivi ed ha rimproverato allo stesso tempo i due paesi di allacciare rapporti sia con con la milizia di Misurata che con i soldati del generale Haftar, due squadre che perseguono fini diversi.
AUSTRIA E ITALIA RAGGIUNGONO UN ACCORDO SUL BRENNERO
In seguito alle discussioni delle scorse settimane e alle ripetute minacce di chiusura della frontiera del Brennero da parte dell’Austria, il governo di Vienna si dice soddisfatto dei controlli effettuati dalle forze italiane al confine e in particolare sui treni diretti in Austria. I ministri degli Interni, Alfano e Sobotka, hanno annunciato, quindi, che per il momento non vi è la necessità di costruire un blocco alla frontiera italo-austriaca. Il Ministro Alfano ha spiegato che i profughi intercettati al Brennero verranno spostati in altri luoghi di Italia e ha inoltre dichiarato che «l’Italia continuerà a fare accoglienza», ma che non sono i migranti a decidere i luoghi in cui essere accolti.
UN CONTRACTOR AUSTRALIANO UCCISO IN IRAQ
Un uomo australiano, che come mestiere faceva il contractor, ossia lavorava per una società privata che garantisce sicurezza ai diplomatici australiani, è stato ucciso a colpi di pistola davanti all’ambasciata dell’Australia a Baghdad, in Iraq. L’uomo aveva 34 anni, ma la sua identità non è stata ancora rivelata. La società per cui lavorava è la Unity Resource Group, i cui dipendenti, nei mesi scorsi, hanno spesso denunciato i tagli dei costi effettuati dai piani alti dell’azienda e la scarsità degli equipaggiamenti necessari alla loro azione di difesa. Secondo il ministro degli esteri australiano, Julie Bishop, l’omicidio non è assolutamente legato alla situazione politica irachena. Un cosa è certa: stando a quanto affermato dal primo ministro austrialiano, Malcolm Turnbull, è stato innalzato il livello di sicurezza diplomatica.
Hanno collaborato: Sabrina Carnemolla, Rosa Ciglio, Galileo Frustaci, Ludovico Maremonti, Andrea Palumbo, Valerio Santori