CASALNUOVO – Ha abbandonato la famiglia lasciando loro un semplice bigliettino, minimale, riduttivo, nel quale si scusa con poche parole per il gesto orribile e pianificato compiuto per sua stessa mano: “Vi chiedo perdono: è tutta colpa mia“. Rovescia su di sè responsabilità non sue Domenico Eredità, 50 anni, che ieri con una corda intorno al collo decide di mettere un punto alla sua vita. Infatti dopo aver accompagnato a scuola, un istituto superiore della zona, le sue due figlie, una di 17 l’altra di 15 anni, alle quali non accenna nulla durante il tragitto riguardo le sue intenzioni circa il tremendo disagio che serbava nei pensieri, torna nella sua dimora.

Qui, riesce anche a dare un ultimo saluto a sua moglie Maria, casalinga, ed è proprio nella cantina della sua abitazione in via vivaldi di Casalnuovo che egli attua il suicidio. Si tratta di uno spazio comune che serve da deposito per le famiglie che abitano la palazzina.

È stato qui che Domenico ha appeso una grossa corda a un gancio del deposito, si è annodato il cappio e l’ha fatta finita per sempre. È stata proprio la donna, sua coniuge, la quale preoccupata per il mancato rientro si reca nella cantinola e ritrova il corpo penzolante.

Sul posto giunti i carabinieri della tenenza di Casalnuovo, non possono far altro ormai che accettare il decesso, e dedurre dal messaggio d’addio le brutte condizioni lavorative in cui versava da due anni Domenico, operaio che ha lavorato nell’edilizia. Sono anche le testimonianze dei parenti della vittima a spiegare che questa inattività prolungata e ormai permanente era vissuta in malo modo il disagio economico, quasi come un peso per l’uomo che aveva una casa e una famiglia da mantenere. “Lavorare era la sua vita, non sopportava di dover passare le giornate senza far nulla” ci dice lo zio. Un altro parente dichiara:” È un’altra vittima del Governo. Le istituzioni non c’erano prima e non ci sono nemmeno ora“.

L’operaio morto suicida, in passato si era rivolto alla moglie imprecando contro lo Stato e le istituzioni, stavolta colpevoli loro, secondo lui, del fatto che non riusciva a trovare lavoro. Poi, però diede anche la responsabilità a se stesso del suo essere disoccupato, probabilmente a causa del pungente sconforto che lo stava logorando. “Non aveva nemmeno la cassa integrazione perché l’ultima volta che ha lavorato è stato costretto a farlo a nero“, spiega un conoscente. “Domenico era un lavoratore onesto, ecco perché è morto” dicono, riferendo anche che il cinquantenne si sia recato più volte al comune per avere un aiuto mai ricevuto, ma l’assessore Mario Perna smentisce il tutto.

La famiglia dunque era consapevole di quanto vivesse la disoccupazione come un’indigenza, ma mai che questa fosse diventata un malessere tale da portarlo a decisioni drastiche e irreparabili: “non dimostrava di stare giù, si teneva tutto dentro“. In città sono tutti sconvolti dall’accaduto tanto che Francesco Emilio Borrelli e Gianni Simioli commentano:” Questi suicidi causati dalla crisi economica sono terribili e ci fanno capire a che livello di sofferenza è arrivata la popolazione“. Si tratta del quarto “suicidio del lavoro” avvenuti nel 2014, in una parte della provincia del nord-est di Napoli. Ricordiamo infatti, brevemente, i casi: l’operaia cassintegrata della Fiat, 5 mesi fa, Maria Baratto(47 anni), un altro lavoratore della Fiat, a Febbraio, Giuseppe De Crescenzo(43 anni) e nello stesso mese il piccolo imprenditore pomiglianese(38 anni) Eduardo De Falco, da tutti conosciuto come Eddy.

Laura Bifulco

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