Gli ultimi mesi sono stati i più difficili nella carriera di Walter Mazzarri. Il tecnico livornese è stato sempre nell’occhio del ciclone, guadagnandosi gli sfottò dei tifosi avversari e l’antipatia della maggior parte degli interisti, tanto che nelle ultime partite al Meazza lo speaker, per evitargli una bordata di fischi, evitava di pronunciare il suo nome. Nonostante ciò, il presidente Erick Thohir aveva sempre ribadito la fiducia nei suoi confronti, spiegando come Mazzarri fosse l’uomo giusto per la rifondazione dell’Inter. Oggi è ancor più chiaro come quelle dichiarazioni siano state di circostanza, fatte per stemperare l’ambiente e dare all’allenatore la giusta serenità per svolgere al meglio il proprio lavoro. Ma non è bastato.
Quest’anno, dopo una sessione estiva di calciomercato promossa a pieni voti, la società e i tifosi si aspettavano il salto di qualità: dal quinto posto dell’anno scorso al terzo posto valido per i preliminari di Champions League, una competizione che manca da ben tre stagioni alla compagine milanese. Il pareggio casalingo con l’Hellas è stato invece l’ennesimo fallimento in una stagione non proprio esaltante:
9° posto in campionato, a -5 dal Napoli terzo, con 4 vittorie di cui due per 1-0 su calcio di rigore. Ma, a parte i numeri, a non convincere società e tifosi sono state le prestazioni della squadra. L’anno scorso, Mazzarri era quanto meno riuscito a trasmettere alla squadra due concetti principali della sua filosofia calcistica: la difesa e gli esterni. Nella stagione 2013-2014 l’Inter, con 39 gol subiti in 38 partite, è stata la terza miglior difesa della Serie A dietro alle inarrivabili Juventus e Roma; inoltre, gli esterni Nagatomo e Jonathan si sono rivelati due giocatori chiave per la squadra, combinando 8 gol e 11 assist. Difesa ed esterni, dunque, erano stati il cavallo di battaglia di WM. Ed è proprio ciò che è mancato all’Inter in questo inizio di stagione. Una difesa disastrosa, capace di subire ben 14 reti in 11 partite di campionato, con un Vidic fino ad ora lontano parente del granitico difensore che conoscevamo. Gioco sugli esterni limitato dalle lunghe assenze dei sovra citati Jonathan e Nagatomo, anche se il nuovo arrivato Dodò ha in parte limitato la loro assenza con delle buone prestazioni. A peggiorare la situazione, si è aggiunta poi la sterilità in attacco: 17 gol segnati in 11 partite (1.54 a partita) di cui 7 solo contro il Sassuolo. Ed ecco allora che Mazzarri si becca il suo primo esonero in 13 anni di carriera.
Da oggi l’arduo compito di dare una svolta alla stagione è stato affidato ad una vecchia conoscenza nerazzurra, Roberto Mancini. Il tecnico jesino fu ingaggiato dall’Inter nell’estate del 2004 e alla prima stagione conquistò la Coppa Italia e il terzo posto. Nella stagione successiva, quella di Calciopoli, arriva il primo Scudetto e ancora una volta la Coppa Italia, trofeo a lui caro in quanto è l’allenatore ad averne vinte di più (2 con l’Inter, una con la Lazio e una con la Fiorentina). Le due stagioni successive si rivelarono anch’esse trionfanti con la conquista di due Scudetti, ma nel maggio del 2009 Mancini viene esonerato dalla società a causa delle sue dichiarazioni nel post-partita di Liverpool – Inter dell’11 marzo precedente. Dopo la soddisfacente esperienza interista, il Mancio ha trascorso gli ultimi sei anni in Inghilterra e in Turchia, prima al City e poi al Galatasaray. Con i citizens dal 2009 al 2013 ha vinto un campionato, una FA Cup e una Community Shield, mentre l’anno scorso con i turchi ha ottenuto una clamorosa qualificazione in Champions ai danni della Juventus e un secondo posto in campionato. Ora un ritorno al passato, nella squadra con cui ha vinto di più nella sua carriera da allenatore.
Mancini durante questi anni ha consolidato la sua ottima reputazione, mentre l’Inter, dopo il fantastico periodo Mourinhano, ha fatto enormi passi indietro. Sei anni fa Mancini pose le basi per la grande Inter del Triplete, conquistando Scudetti uno dopo l’altro con una rosa stratosferica, composta da giocatori come Ibrahimovic, Figo, Stankovic, Cambiasso, J. Cesar, solo per citarne alcuni. Ora Thohir gli chiede qualcosa di completamente diverso: riportare l’Inter in alto, senza tutti quei grandi campioni. Una sfida nuova per Mancini, abituato negli ultimi 10 anni ad allenare squadre fatte per vincere, ma come recita la home page del suo sito ufficiale “Il tecnico vincente è quello capace di dare un’impostazione al gruppo e di ottenere risultati pur non avendo 11 campioni”.
Fonte immagine in evidenza: Gazzetta dello Sport
Marco Puca