Il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo in cui sostiene che il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sta intercettando dati da milioni di cellulari presenti sul territorio americano attraverso l’utilizzo di piccoli aerei monomotore Cessna.
Questi aerei sarebbero equipaggiati con dispositivi, conosciuti anche come “dirtbox”, simili a ripetitori per cellulari, in grado di ottenere informazioni dai telefoni scansionati in una determinata area.
Il programma è stato messo a punto dall’agenzia U.S. Marshals Service e prevede l’utilizzo di cinque velivoli stazionati in cinque diversi aeroporti metropolitani degli Stati Uniti. Un singolo volo, grazie alla notevole autonomia dei Cessna, permette di scansionare decine di migliaia di cellulari e di ottenere da questi ultimi sia la loro posizione (con un errore massimo di tre metri) che diversi tipi di informazioni, tra cui il contenuto della conversazione che si sta effettuando al momento. I cellulari sono programmati per connettersi automaticamente al ripetitore che ha il segnale più forte; il dispositivo presente sugli aerei ha la capacità di farsi identificare come ripetitore più vicino e con segnale migliore, costringendo i cellulari a inviargli informazioni.
Le fonti del Wall Street Journal sono operatori che lavorano al programma e hanno riferito ai giornalisti che i voli si tengono regolarmente, ma non hanno rivelato con quale frequenza. L’obiettivo è quello di identificare, tra la popolazione, terroristi e trafficanti di droga. Il dispositivo è anche in grado di interrompere le chiamate in corso e di intercettare immagini e foto presenti sul cellulare. Non è chiaro se e in che modo l’agenzia Marshals Service stia cercando di rendere meno invasivo questo metodo di identificazione, ma sono in molti a credere che il programma violi la privacy.
Questa volta sembra che la National Security Agency (NSA), di cui l’informartico Edward Snowden ha svelato il programma di sorveglianza di massa, non sia coinvolta, ma il caso potrebbe suscitare sdegno in egual modo tra la popolazione americana e non solo. Christopher Soghoian, membro dell’Unione americana per le libertà civili, ha detto che si tratta di un vero e proprio programma di sorveglianza, ed è probabile che non si rendano davvero conto della sua portata, ha poi aggiunto: “Forse vale la pena violare la privacy di centinaia di persone per catturare un sospettato, ma vale la pena violare la privacy di migliaia, decine di migliaia o centinaia di migliaia di persone?“
Questo tipo di domande assume ancora più importanza negli Stati Uniti d’America, i cui padri costituenti identificarono nella libertà individuale, nelle sue varie forme, un principio inviolabile, quasi sacro. Ma negli ultimi decenni qualcosa è cambiato: da Reagan al Patriot Act di George Bush fino ad arrivare al Datagate di Snowden, la parola “libertà” sembra essere stata sviscerata del suo significato originale.
Bruno Formicola