“Meno dogmi, meno dispute; meno dispute, meno disgrazie; se ciò non è vero, ho torto. La religione è istituita per renderci felici in questa vita e nell’altra. Che cosa è necessario per essere felici nella vita futura? Essere giusti, essere tolleranti nei confronti delle altrui idee”.

Nel 1763, il filosofo illuminista francese Jean Francois Marie Arouet, detto Voltaire, nel suo “Trattato sulla tolleranza” scriveva queste parole che oggi risuonano come un lancinante grido, un grido che squarcia le anime, che è il limpido e accecante riflesso dell’indignazione profondissima che avvolge il mondo intero al cospetto dell’efferato delitto della privazione della più importante delle libertà: quella di manifestazione del pensiero.

12247141_10153392462101339_7013391691907612891_nProprio queste parole dovrebbero far riflettere su quanto accaduto poche ore fa a Parigi, presa di mira dai membri dell’Isis e sottoposta a molteplici attacchi che hanno mietuto 130 vittime. L’attentato degli estremisti islamici fa drammaticamente comprendere come il fanatismo religioso si appropri in modo dispotico delle coscienze, le plasmi, come le accompagni nell’inquietante cammino del sonno della ragione, come sia assoluto carnefice della libertà in nome di un Dio che, purtroppo, viene strumentalizzato e non esiste. Non esiste un Dio che predichi il trionfo del male, l’assassinio come fulcro della propria religione. Non c’è un Dio che permette tali drammatici scempi, che tarpa le ali al sacro nome della libertà, un Dio che non ha pietà di nessuno, un Dio indifferente a tutto. Questo Dio è stato inventato da chi oltraggia e insulta l’indipendenza dei popoli, la loro autonomia, da chi mal tollera il fatto che esista la diversità e che sia indubbiamente la cosa più bella del mondo. Si è di fronte ad una vera e propria tirannia delle idee, un tirannia che non lascia scampo, il cui peggior nemico è proprio la libertà.

Tuttavia i popoli sono dormienti, sono intorpiditi dall’atrofizzante potere dell’indifferenza che è anche il peggior misfatto che si possa commettere; quegli stessi popoli che si disinteressano e scelgono di non opporsi, almeno fino a quando non saranno messe in pericolo le loro vite. Se la violenza trionfa così spudoratamente, è solo l’indifferenza che glielo consente. Del resto, come asseriva Franz Kafka:

“Spesso è più sicuro essere in catene che liberi.”

In this illustration picture taken in Paris on November 14, 2015 a person holds aloft a smartphone bearing the message "Je Suis Paris" in front of the Eiffel Tour, following a series of attacks on the city in which at least 128 people were killed. Islamic State jihadists on Saturday claimed a series of coordinated attacks by gunmen and suicide bombers in Paris that killed at least 128 people in scenes of carnage at a concert hall, restaurants and the national stadium. AFP PHOTO / JOEL SAGET

Sorge spontaneo un interrogativo: fino a quando permetteremo che questi massacri dell’indipendenza distruggano i nostri concittadini europei e, probabilmente, anche noi stessi? Bisogna liberarsi dalle gabbie della paura, dall’abulia ignava, dall’apatia aberrante, dall’inerzia perversa.

Il fondamentalismo islamico semina terrore anche tra gli stessi musulmani, vittime della loro stessa fede che viene distorta e manipolata. E non ci rimane che il fievole bagliore di speranza che un giorno la pace possa prevalere.

La Francia eroicamente si ribella, difende il sacro diritto alla libertà, mantiene alti gli ideali di “liberté, fraternité, egalité”. Essa sa che:

“La libertà è come l’aria: si vive nell’aria; se l’aria è viziata, si soffre; se l’aria è insufficiente, si soffoca; se l’aria manca, si muore.”

La poesia di Leopold Staff effigia al meglio quale sia la raccapricciante situazione attuale:

“Uomo
Leggo la storia
E vedo cosa hai fatto
Per millenni, o Uomo!
Hai ucciso, hai ammazzato,
E continui a meditare
Come farlo meglio.
Mi domando se sei degno
D’essere scritto con la maiuscola.”

Clara Letizia Riccio

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