Ubicata nel centro storico di Napoli, dove si presenta come l’unico edificio superstite risalente al XIV secolo, e sita più precisamente in via Medina, la Chiesa dell’Incoronata nasce nel 1352 per volere della regina Giovanna I, per celebrare la sua incoronazione e quella di Luigi Ludovico di Taranto, suo secondo marito.
Con ogni probabilità, non si trattò di una costruzione vera e propria, bensì di un adattamento della sede del Regio Tribunale, a cui fu affiancato un ospedale. Infatti, è assolutamente difficile che per la costruzione fossero stati impiegati soltanto poco più di 20 anni, come invece sappiamo con certezza grazie ad un documento angioino che ci indica il 1373 come data di completamento della struttura, caratterizzata in quanto luogo di beneficienza e di culto.
Santa Maria Spina Corona fu il nome di battesimo della Chiesa, dapprima mutato in Santa Maria Coronata, ed infine divenuto quello attuale, Santa Maria Incoronata. La sua origine deriva da un episodio verificatosi durante le nozze dei nuovi sovrani quando la regina scelse di donare all’edificio la reliquia di una spina della Corona di Cristo, ricevuta dal Re Carlo V di Francia e custodita fino ad allora nella Saint-Chappelle di Parigi, per accrescerne il prestigio.
Nel 1378 la sua custodia fu affidata alle mani dell’ordine dei Certosini di San Martino che la utilizzarono per lo più per le incoronazioni e le cerimonie degli Angioini e degli Aragonesi. Nel corso del XVI secolo, con la costruzione dei fossati e delle mura intorno al Castel nuovo, la Chiesa dell’Incoronata venne a trovarsi in posizione più bassa rispetto al livello stradale, tant’è che oggi è possibile accedervi mediante due rampe di scale laterali e discendenti. Sul finire del XVI secolo la fama della Chiesa tramontò ed essa rimase abbandonata a se stessa: documenti testimoniano che i Certosini già nel 1525 avevano ceduto in affitto i reparti dell’ospedale.
Nel XVIII secolo fu restaurata in stile barocco e riaperta al pubblico, con la costruzione di un edificio a due livelli sito sulla sommità. Sarà l’architetto Gino Chierici tra il 1925 e il 1929 a restituire alla Chiesa dell’Incoronata il suo originario stile gotico, eliminando tutte le decorazioni barocche. Durante la seconda guerra mondiale, i bombardamenti che distrussero l’edificio situato sulla sommità, riportarono in luce i resti delle basi dei due antichi campanili. Ne seguirono dei lavori di restaurazione che rinnovarono anche gli elementi decorativi marmorei posti all’ingresso. I risultati dell’opera di ristrutturazione però non durarono a lungo: col il terremoto che colpì la Campania nel 1980, la Chiesa venne chiusa per poi essere riaperta soltanto nel 1993. Alla riapertura seguirono nuove chiusure dovute alle opere di restaurazione che hanno riportato alla luce gli affreschi di Roberto d’Oderisio, esponente della scuola di Giotto, risalenti al XIV secolo, oggi visibili nella navata principale della Chiesa, raffiguranti il trionfo della Fede e i Sette Sacramenti. Nel giugno 2014 la Chiesa è stata riaperta definitivamente.
Sita, come sopra accennato, a circa tre metri sotto il livello stradale, all’interno la Chiesa dell’Incoronata, detta anche Chiesa della Spina Corona, presenta due navate asimmetriche, una centrale e l’altra laterale. L’opera di Oderisio presenta personaggi riconoscibili come i tre figli di Giovanna I, Laura e Petrarca e San Ludovico. Alla medesima mano sono stati ricondotti gli affreschi delle lunette raffiguranti scene bibliche, in particolare quelle di Mosè e di Giuseppe ebreo. Non ci sono resti invece degli affreschi trecenteschi che ne ornavano le pareti, di cui abbiamo soltanto la notizia di una «Madonna con bambino e corteo di angeli».
Almeno fino al 1463 è perdurato il culto della reliquia della spina della croce di Cristo, nato con la Chiesa stessa. Non abbiamo più sue notizie, l’ultima menzione risale appunto al 1463, anno in cui la certosa di San Martino ne richiese la restituzione, dopo il prestito al decano di Aversa. E sebbene la regina Giovanna I utilizzasse la reliquia per acquisire potere ed ammirazione, essa ottenne un successo testimoniato in modo esemplare da un episodio: il 3 marzo 1370 papa Gregorio IX concesse l’indulgenza a tutti i pellegrini che nei giorni del venerdì santo e della Pentecoste si sarebbero recati alla chiesa.
Sonia Zeno