Siamo ormai nel cuore del periodo estivo e i concerti, tra le discoteche e i tour dei vari cantanti, si diffondono lungo lo stivale da Nord a Sud per la gioia dei fan. Per il popolo della musica si tratta indubbiamente di giorni di pura emozione e passione, come dimostra il successo ottenuto dai JovaBeachParty di Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti. Ma i tempi e le modalità, nonché le idee che girano intorno a un tour, evolvono di pari passo con i principali temi che coinvolgono l’opinione pubblica: in primis il cambiamento climatico e il porre un freno all’inquinamento del pianeta in tutte le sue forme. Tanti i cantanti e le celebrità che si sono espresse in merito, prendendo posizione netta contro il cambiamento climatico – un termine usato con troppa noncuranza anche per attirare consensi.
La purezza del movimento Fridays for Future creato da Greta Thunberg ha contagiato il mondo intero, ma come per ogni movimento ambientalista in molti cercano di copiarlo, imitarlo o renderlo un proprio marchio di fabbrica. Nei concerti sinora svolti in Italia numerosi sono stati i richiami a Greta e al suo movimento, che ha scosso finalmente l’opinione mondiale oltre che scuotere le sedie del Parlamento Europeo. Mai, prima di questa estate, durante i concerti si è sentito tanto parlare di salvare il pianeta, differenziare i rifiuti e non disperdere nell’ambiente materiali come carta, metalli, mozziconi e plastiche che possono gravemente inquinare le nostre spiagge, oltre ai mari e agli oceani di tutto il mondo. Cosa ha che fare però questo con i JovaBeachParty? Ci arriviamo.
Ricercatori di fama italiana come Mario Tozzi, con il suo programma Sapiens, un solo pianeta, andato recentemente in onda su Rai 3, hanno sicuramente descritto una situazione generale del pianeta alquanto critica: esempio è la presenza di un’intera isola di plastica nell’Oceano Indiano e nel Pacifico con disastrose ripercussioni nelle catene trofiche di tutto il mondo. Anche il Mediterraneo e i suoi piccoli mari sono ormai afflitti dall’enorme presenza di plastiche e microplastiche. I “Sapiens”, come li definisce Mario Tozzi, hanno inventato un materiale duraturo che la natura si era dimenticata di creare e che in 50-70 anni si è largamente inserita nella catena alimentare di tutto il pianeta, quasi al punto che potremmo mangiare microparticelle in plastica senza notarlo: Tozzi critica chi produce confezioni monodose in plastica (sono maggiormente questi materiali che ritroviamo nei mari di tutto il mondo) perché i produttori, lucrando sul basso costo della produzione in serie, ci costringono al riciclo del materiale che può non avvenire correttamente.
È routine consolidata trovare pezzi di plastica nell’apparato digerente di pesci, delfini, tartarughe, balene e squali; creature marine che vanno ad arenarsi e a morire sulle coste sabbiose di tutto il mondo e recenti ricerche hanno riscontrato microplastiche colonizzate da batteri e alghe anche tra il fitoplancton e lo zooplancton, piccoli microrganismi vegetali e animali presenti sotto la superficie dell’acqua marina che sono alla base della catena e che gli organismi superiori filtrano come alimento. Le plastiche intaccano le coste sabbiose e sempre più comunemente si scopre che piccoli di diverse specie di uccelli sono nutriti con pezzi di plastica scambiati per alimento: ne consegue l’enorme moria di questi esemplari, ritrovati poi con l’apparato digerente pieno in plastica.
Dei cambiamenti climatici si è parlato tanto, però il controsenso è che ancora non sembra essere sufficiente per far capire al mondo che, se entro 20 anni (e forse anche meno) non si cambia passo, completando la transizione dai combustibili fossili ad altre fonti di energia ecocompatibili e rinnovabili, il pianeta Terra supererà un livello critico dal quale non si potrà più tornare indietro; anche i tanti incendi di quest’anno, compreso quello disastroso in Siberia (sta bruciando un territorio grande quanto la Grecia), non fanno che aumentare la quantità di CO2 rilasciata in atmosfera, contribuendo ad aumentare il riscaldamento globale e lo scioglimento delle calotte polari. È di questi giorni la notizia del veloce scioglimento di un enorme ghiacciaio in Groenlandia che, in un solo giorno, ha riversato oltre 10 miliardi di tonnellate d’acqua dolce in mare. Crisi di siccità e altissime temperature, contrapposte a pochi mesi di intense piogge o a piogge quasi monsoniche concentrate in poche ore con cicloni e grandinate improvvise, sono solo i primi segnali di allarme in vista di un cambiamento peggiore e repentino.
Ma torniamo ai concerti, e ai JovaBeachParty contraddistinti dall’hashtag #plasticfree. Il cantante, com’è noto, ha promosso il tema della salvaguardia dell’ambiente e della differenziazione dei rifiuti, indirizzando la raccolta della plastica sulla zona del concerto e comportandosi, sotto questo aspetto, egregiamente; peccato che in tali concerti si sia lo stesso usata la plastica e che quasi tutti i concerti del Tour siano stati allestiti sulle spiagge, ed in particolare in aree naturali protette dove, secondo le normative UNI EN ISO e diverse direttive approvate a livello comunitario, quali la Direttiva 92/43/CEE e s.m.i. “Habitat” e la Direttiva 2009/147/CE “Uccelli” per Rete Natura 2000, non si potrebbero allestire eventi del genere, soprattutto se consideriamo che il pubblico accorso si è aggirato in media intorno alle 40-50 mila unità. Un tale numero di persone, di per sé, rappresenta un disturbo per qualsiasi ambiente naturale.
Anche nell’allestimento delle aree dei concerti le associazioni ambientaliste in toto (Legambiente, gruppi locali del WWF di Pisa, Siena e Silla Pollino che si sono opposti all’avallo del JovaBeachParty da parte di WWFItalia, associazioni come la LIPU, ARDEA, Nature & wildlife, ASOER e Life, nonché vari gruppi ambientalisti) hanno protestato riguardo l’uso di mezzi pesanti che nel ripulire le spiagge e spostare così enormi quantità di detriti e sabbia avrebbero distrutto zone che regolarmente sono sede di tanti micro-habitat per diverse specie vegetali e animali, tra cui anche specie a rischio di estinzione come la Caretta caretta e un uccello marino nominato Fratino (specie Charadrius alexandrinus): entrambe le specie sono famose per nidificare durante i mesi estivi proprio nelle zone delle dune sabbiose delle spiagge che sono anche sede di una loro unica particolare flora psammofila, tipica di ambienti desertici e di duna mobile (ne è esempio il Giglio di mare, anch’egli in pericolo perché sempre più raro sulle nostre coste: vuoi per cambiamenti climatici, vuoi per deturpazione sabbiosa delle coste).
I prossimi concerti del JovaBeachParty si terranno proprio in aree SIC e zone ZPS (come quello svoltosi da poco a Praia a mare) in presenza di luoghi di incredibile bellezza che proteggono le loro deboli specie. Quindi i movimenti ecologisti, accusati di essere troppo polemici nei confronti della tournée, ma forti di un esposto negativo per l’evento da parte dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (I.S.P.R.A.) con il parere n. 45930 del 24 luglio 2019, continuano la propria protesta contro il JovaBeachParty affinché non venga perpetrato un reato ambientale, attraverso gli hashtag #spiaggebiodiverse e #teamnojovabeachparty. Innumerevoli sono i danni che le spiagge hanno subito nell’allestimento dei JovaBeachParty: dalla perdita di habitat e biodiversità alla forte erosione del sedimento sabbioso che la zona del concerto potrebbe subire a causa della mancanza della vegetazione che prima la teneva salda a terra.
Nonostante il parere negativo dell’I.S.P.R.A. , gli allestimenti per i JovaBeachParty proseguono come se nulla fosse, insieme ai danni che creano. Ne sono esempio il concerto a Rimini nel quale un pullo su quattro di Fratino sarebbe morto; il concerto a Roccella Jonica (spiaggia e vegetazione rovinate) in cui anche se i biglietti disponibili erano solo 25 mila ne sarebbero accorsi 5 mila in più; e quello previsto a Vasto (poi annullato), in cui la procura ha aperto un fascicolo per “atti relativi” così da indagare sulla vicenda di Fosso Marino, dove un canale che ospitava specie animali e vegetali protette è stato tombato senza alcuna autorizzazione facendo morire le specie per disseccamento. Si assiste ora alla cancellazione di alcune date del tour, compresa quella per Pescara.
Possibile quindi che in nome di un solo giorno di musica e divertimento, le nostre spiagge debbano subire una tale aggressione? Sarà veramente opportuno organizzare in questi luoghi tali eventi? È giusto danneggiare le spiagge d’Italia, parte di un pianeta in piena emergenza climatica e ambientale, in nome di eventi come i JovaBeachParty promossi per l’ambiente, ma capaci di danneggiare e distruggere gli habitat mettendo a rischio alcune specie animali e vegetali? È quantomeno inopportuno definire eventi del genere “ecologici” e “green”, quando lo sono solo di nomea perché distruggono l’ambiente presso cui vengono organizati.
A fare eventi in nome dell’ambiente son bravi tutti, e chi li fa passa per il “fighetto” di turno: peccato che non ci si comporta di certo secondo buoni ideali distruggendo le spiagge e l’ambiente: se proprio le si vuole tutelare, lo si dovrebbe fare anzitutto da noi stessi e dalla nostra ingordigia. Ci si dovrebbe sempre confrontare con esperti e discutere su come agire senza essere di distrubo in quell’ambiente. Sarebbe molto più proficuo che cantanti e celebrità coinvolgessero migliaia di persone non nei loro eventi “green” con palchi in metallo o infrastrutture simili, ma nel ripulire a mano le spiagge e soprattutto le coscienze. Di pianeta ne abbiamo uno solo, e se ognuno di noi nel proprio piccolo facesse l’azione giusta il pianeta ne gioverebbe sicuramente. Agire sì, ma solo se ben istruiti e seguendo le indicazioni delle persone più esperte in materia, perché come dimostrano i JovaBeachParty si rischia di rovinare la casa di un fratello o sorella che con noi condivide il “Pianeta Blu”. La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.
Andrea Pasciuto
Pienamente d’accordo sul contenuto del tuo articolo, Andrea, io penso che l informazione e la divulgazione di tali concetti scientifici sia alla base del come prevenire catastrofi microambientali, che poi conseguentemente e, in alcuni casi, irreversibilmente, portano a catastrofi ambientali di portata ben maggiore. Occorre fare pertanto più formazione e informazione scientifica e pertanto coinvolgere le persone a leggere più articoli come il tuo in modo da rendersi conto della situazione che vige oggi e prevenire così le catastrofi del futuro. Complimenti ancora
Grazie Mario! Grazie mille davvero per le tue ottime parole! =)
Ne approfitto per ringraziare tutti i ricercatori e scienziati che si battono per proteggere le dune sabbiose delle nostre spiagge e le associazioni ARDEA, ASOER e SOA che diffondono tutto ciò che so in merito ad habitat costieri, naturali e altro. Grazie mille ancora =)