N.B. Questa rubrica vuole essere una sorta di macchina del tempo, dove mi impegnerò a presentare alcuni dei pezzi più importanti (il parametro seguito è il successo commerciale) nella storia della classifica inglese, settimana dopo settimana, partendo dal 1994, esattamente venti anni fa.

Questa settimana abbiamo una nuova entrata direttamente al numero 1: Sure degli inossidabili Take That. La boy band britannica capeggiata da Gary Barlow, ormai definitivamente consacrata, deve oberarsi dal fardello di un successo sempre crescente. Possiamo tranquillamente dire che i cinque ragazzi di Manchester sanno bene come cavarsela, il pezzo si discosta notevolmente dalle atmosfere Camp e dalle sonorità Pop-Eurodance che avevano caratterizzato i loro precedenti lavori per andare incontro a uno stile che punta maggiormente a ottenere un sound di respiro internazionale, avvicinandosi al R’n’B americano. Qualitativamente il singolo è senza troppe pretese, ma nonostante tutto godibile, poiché rifugge il ricorso a quel genere di Pop plastico e scadente solitamente tanto caro alle boy band. In termini di vendite, invece, si rivela l’ennesimo successo della band: ottiene ottimi piazzamenti in tutta Europa, specialmente in Italia, dove arriva al sesto posto dei singoli più venduti del 1995, ottenendo il disco di platino.

Il resto della Top Ten vede Whigfield abbandonare la prima posizione dopo quattro settimane, ritrovandosi al numero 2. Scendono anche i Bon Jovi, Cyndi Lauper e Corona. Sale invece Pato Banton, questa settimana al numero 4. Stabile Lisa Loeb al numero 8, mentre scende vertiginosamente Madonna, ora al numero 10.

Al numero 23 abbiamo Turn The Beat Around di Gloria Estefan. Il pezzo è una cover di un classico della Disco Music originariamente interpretato da Vicki Sue Robinson. La nuova versione, colonna sonora del blockbuster The Specialist, è praticamente una copia banalizzata del brano originale: un’interpretazione da karaoke che mette bene in risalto la limpidezza della voce della Estefan, ma che dal punto di vista strutturale non apporta nessuna consistente modifica a un brano che, sinceramente, non si sentiva l’esigenza di ripescare. Operazione quindi del tutto anacronistica e pleonastica, che di anni ’90 ha ben poco (volendo tralasciare l’improprio inserimento di discutibili effetti sonori che richiamano al raggiungimento dell’orgasmo sessuale), e che gli stessi inglesi snobberanno. Avrà invece più fortuna negli Stati Uniti, dove raggiunge la prima posizione nella Billboard’s Hot Dance Club Play, ottenendo il disco d’oro.

Al numero 25 un’altra nuova entrata: She Is Suffering dei Manic Street Preachers. La band del controverso e problematico chitarrista Richey Edwards, pubblica il suo terzo album, The Holy Bible. Il disco rappresenta un cambio di tendenza stilistica e musicale, vertendo su sonorità decisamente più oscure, con riferimenti al Post-Punk e al Gothic Rock. L’evoluzione è particolarmente apprezzata dalla critica ma mal recepita dal pubblico britannico che non li comprenderà appieno, punendo la loro audacia. Il singolo in questione presenta totalmente, dal punto di vista musicale, le caratteristiche dell’intero album, affrontando il tema del desiderio partendo dalla concezione Buddhista che la pace eterna possa essere raggiunta solo attraverso il Nirvana.

Per questa settimana è tutto, alla prossima per un altro viaggio nel tempo.

Alfredo Gabriele Galassi

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