Dalla collaborazione tra la Federico II e il ministero dei Beni e delle attività culturali nasce “Storia e filologia del manoscritto e del libro antico”: un corso di alta formazione al quale è affidata la sorte della Biblioteca dei Girolamini e del suo patrimonio letterario.

Docenti e studenti collaboreranno fianco a fianco per la realizzazione di un nuovo catalogo dei materiali librari presenti all’intero della Biblioteca che sostituisca l’ultimo, realizzato nel 1897 da Enrico Mandarini, aggiornandolo. La creazione di un nuovo inventario rappresenta il primo passo che, si spera, condurrà alla riapertura della struttura: un patrimonio dalla preziosità rara, unica, che tuttavia risulta da anni inaccessibile al grande pubblico.

Il 28 maggio 2013, infatti, uno storico dell’arte ha scoperto il gravissimo saccheggio ai danni del tesoro della Biblioteca: Massimo De Caro, che nel 2011 aveva assunto il ruolo di direttore, nonostante la mancanza di una qualsiasi laurea e la lunga scia di indizi a suo carico circa un ipotetico commercio illegale di libri antichi, è stato condannato a 7 anni di reclusione. L’accusa? Avrebbe sottratto con sistematicità periodica libri dagli scaffali della Biblioteca, per un totale di quattromila volumi rubati, causando danni all’Italia per 20 milioni di euro.

Abbandonata a se stessa, in uno stato di rovinoso degrado, la Biblioteca può oggi finalmente annunciare il suo riscatto. Merito dell’iniziativa varata dalla Federico II e (ben) affidata nelle mani di Andrea Mazzucchi: filologo, docente di Filologia della letteratura italiana presso il Dipartimento di Studi Umanistici e coordinatore del corso di Filologia Moderna della Federico II di Napoli, il professore ha gentilmente accettato di rilasciarci qualche informazione per meglio comprendere l’iniziativa.

Innanzitutto, come sarà strutturato il corso?

“Si tratta di un corso biennale di 644 ore, durante le quali si alterneranno lezioni frontali e laboratori, finalizzati alla messa in pratica delle conoscenze acquisite su oggetti librari posseduti dalla Biblioteca dei Girolamini, che sarà oggetto di attenzione dello studio dei partecipanti al corso e dei docenti. L’obiettivo è quello di produrre un nuovo catalogo  dei manoscritti presenti all’interno della Biblioteca, giacché l’ultimo, seppur molto valido, risale alla fine del 1800”.

Quali sono i prerequisiti richiesti agli studenti che intendono partecipare?

“Il corso non è a pagamento e sarà accessibile ai 20 studenti che supereranno un test d’ammissione. I primi 10 selezionati riceveranno un borsa di studio di 6mila euro annui: una cifra piuttosto proporzionata, se si pensa che il corso non sarà un impegno a tempo pieno. L’iniziativa è frutto dell’impegno finanziario della Federico II e, in particolare, del rettore Gaetano Manfredi che ha scelto di stanziare questa somma. L’idea è che gli studenti, oltre a formarsi professionalmente, producano ricerca e, pertanto, è giusto che ricevano un compenso”.

Qual è l’importanza filologica del patrimonio posseduto dalla Biblioteca dei Girolamini? 

“L’importanza è notevolissima: si tratta della più antica biblioteca del Mezzogiorno, che possiede circa 150.000 unità librarie, tra cui 120 incunaboli, 5.000 cinquecentine, oltre 10.000 edizioni rare e di pregio: numeri imprecisati, in quanto la loro catalogazione è l’obiettivo finale del corso. I testi sono per lo più di carattere teologico, storico e filosofico. Tra quelli più celebri abbiamo i testi di Giuseppe Valletta, fatti acquistare da Giambattista Vico ai Girolamini, un prezioso manoscritto della Commedia, un esemplare delle tragedie di Seneca, un testimone illustrato de ‘Il Teseida’ di Boccaccio e una raccolta di egloghe, da Dante a Sannazaro”.

Grandissimo l’interesse suscitato dall’iniziativa nell’ambiente universitario. Francesco De Cristofaro, docente di Letterature comparate e di Critica letteraria, ha commentato: “Ne sono entusiasta, è una cosa davvero splendida, una buona pratica promossa dall’università, e anche un piccolo capolavoro di ‘resilienza’: come trasformare un disastro, non privo di risvolti criminosi, in una coraggiosa e visionaria avventura della conoscenza e della formazione. E trovo che sia anche un modo per fornire un senso operativo, civicamente e culturalmente utile, insieme qualificante e appassionante, al percorso di specializzazione in Filologia e, in genere, in Studi Umanistici”.

Più che di un corso, sarebbe dunque opportuno parlare di un atto di coraggio, di una sfida avanzata dalla cultura contro il degrado, di un’opportunità offerta agli amanti dell’arte che intendono investire se stessi nella propria passione, nella ricerca, al fine di ricucire profonde ferite, colmare gravi lacune, ridare vita ad un capolavoro, contemperando la scientificità di un medico con la delicatezza di un pittore. Come solo un filologo sa fare.

Sonia Zeno

 

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