Gli Stati Uniti D’America sono il più grande esempio delle contraddizioni del sistema capitalista, un paese che ha fatto del libero mercato e dell’individualismo il perno centrale della propria ideologia. L’American Dream non è altro che questo: fai il tuo lavoro, fai del tuo meglio e sarai grande, perdi tempo a guardarti indietro e sarai perduto. Nessuno spazio per la collettività, l’individuo è solo e deve lottare per emergere in un mondo fatto di squali che vanno avanti con le proprie forze, a discapito dei pesci più piccoli. Ma quei pesci piccoli, sbranati ogni giorno da questi squali, adesso non si sentono più soli e sanno che, al contrario di quanto ha sempre predicato lo Zio Sam, uniti si può vincere, anche contro un sistema ostile. Ed è proprio da questa premessa che è nato il movimento #fightfor15, una rete a livello nazionale che lotta per far ottenere ai lavoratori dei fast-food una paga minima di 15$ l’ora. Una protesta che raccoglie migliaia di lavoratori statunitensi che sono stanchi di essere sfruttati dalle multinazionali e che adesso chiedono soltanto una paga dignitosa. Tra di loro vi sono i lavoratori di Burger King, Mc Donald’s, Wal Mart, e tutti quei lavoratori di fascia bassa che qui in Italia chiameremmo precari.
«Ciò che chiediamo è realistico» dice Mr. Wise, 35 anni, dipendente del Burger King di Kansas City e portavoce del movimento, «L’altro giorno durante il mio turno a pranzo, abbiamo fatto 1200$. I sei che lavoravano in quell’ora sono stati pagati circa 60$. Per questo sono convinto che possano pagarci 15$». Mr. Wise è uno di coloro che hanno organizzato e cercato di convincere migliaia di lavoratori che fanno parte del movimento ad approvare un rischioso atto di disobbedienza civile: una giornata di sciopero collettivo, con cortei in più di 200 città statunitensi. «I miei figli vivono in condizioni di assoluta povertà. È difficile sopperire anche soltanto ai bisogni più elementari, e loro sono la vera ragione per cui lotto», afferma Mr. Wise in una conferenza di lavoratori «La cosa che mi fa arrabbiare, e che dovrebbe farvi arrabbiare, è che queste compagnie miliardarie stanno rubando ai miei figli ed ai vostri figli. Per questo dobbiamo alzarci in piedi e contrattaccare». Mr. Wise aveva già guidato un sit-in in settembre al Mc Donald’s locale, dove 52 lavoratori furono arrestati. Quel giorno più di 500 lavoratori in tutta la nazione subirono arresti ed oggi, senza paura quegli stessi lavoratori continuano a cantare e a protestare, per avere ciò che gli spetta.
E quella di ieri è stata una giornata storica: più di 60.000 precari distribuiti in 200 città, a chiedere che il salario minimo venga portato a 15$ l’ora, al posto degli attuali 7,25$. La più grande manifestazione di lavoratori di fascia bassa della storia degli Stati Uniti D’America, una lotta dura e difficile che riapre il dibattito sulle politiche del lavoro, dopo il fallimentare tentativo di Barack Obama di portare il salario minimo federale a 10.10 $ l’ora. Il movimento ha già la simpatia del lavoratori precari di tutto il mondo e proteste simili nella giornata di mercoledì, si sono ravvisate anche in Nuova Zelanda, Brasile ed Inghilterra. Questa volta comunque non si sono registrati finora arresti ed il movimento è forte e carico più che mai, dato che già San Francisco e Seattle hanno alzato il proprio salario minimo proprio sui 15$ l’ora.
Sarà la politica americana capace di accogliere le istanze dei lavoratori? Le elezioni si avvicinano, ed i cittadini non stanno a guardare.
Antonio Sciuto