La recentissima iniziativa del prof. Gaetano Manfredi, Rettore della più grande università del sud Italia, la Federico II di Napoli, consistente in una proposta di aumento delle tasse studentesche, deve necessariamente farci interrogare sul significato di una parola utilizzata spesso con troppa disinvoltura: il “merito”.

Vi starete chiedendo probabilmente cosa c’entri il merito con le tasse: e infatti c’entra ben poco, a rigor di logica. Eppure i governi che si sono susseguiti, a partire dall’operato del duo Tremonti-Gelmini, hanno messo in piedi una serie di regole dai disastrosi effetti, e questo sì, spacciandolo per un tentativo di rendere l’università più “meritocratica”. Basti un solo esempio (ma ce ne sarebbero tanti): si prenda il sistema dei “punti organico”, ovvero un punteggio che determina quante e quali assunzioni un ateneo ha la possibilità di effettuare; questo punteggio di fatto non dipende dallo stato di salute del bilancio dell’ateneo, bensì dal gettito totale che questo ottiene dalle tasse studentesche. L’effetto, ovviamente, è quello di deprimere le possibilità di assumere per gli atenei siti in territori più svantaggiati del Paese; la Federico II, ad esempio, ha una platea composta in larga misura da studenti appartenenti alle fasce di reddito più basse e dunque, nonostante abbia un bilancio in ottime condizioni, ha maggiori difficoltà ad assumere, e questo ovviamente si riflette con forza sulla qualità della didattica.

Ho avuto modo di incontrare più volte il prof. Manfredi e non ho problemi a riconoscere che mi ha fatto un’ottima impressione, ed è per questo che spero riconosca la validità della posizione dell’Unione degli Universitari (e, a onor del vero, anche delle altre associazioni studentesche) di rifiuto dell’aumento della tassazione; intendiamoci, il sistema attuale non è affatto perfetto: è regressivo e presenta anche altri problemi. Da un anno il nostro gruppo consiliare richiede che si passi ad un sistema analogo a quello utilizzato in alcune università del nord Italia, dove si è superata la fasciazione e il problema della disuguaglianza “elastica” intrinseco ad essa, ovvero la differenza di tassazione tra coloro che si trovino entro e coloro che si trovino oltre il limite di una fascia: pochi euro di differenza di ISEE possono portare a una grande differenza nell’importo delle tasse; nella nostra proposta, questo verrebbe invece calcolato sull’importo del singolo ISEE presentato dallo studente. Ma questi problemi non si risolvono certo con l’aumento delle tasse, ed in questa occasione la cosa più importante da ricordare è che l’Italia, per importo medio della tassazione studentesca, è il terzo paese in Europa (in negativo, cioè le tasse sono estremamente elevate), e non mi sembra che le nostre università offrano la stessa qualità di servizio di quelle inglesi o olandesi, ma neanche di quelle tedesche, che sono ormai a tassazione zero.

La questione di fondo, com’è evidente, trascende la Federico II, e riguarda la difficoltà di ripensare il sistema universitario in modo vantaggioso per gli studenti dopo una riforma disastrosa come quella Gelmini e dopo tanto parlare di merito in modo assolutamente vuoto. Si prenda ad esempio l’emendamento Meloni, di cui si è tanto discusso pochi giorni fa, che per l’accesso ai concorsi pubblici voleva introdurre una “pesatura” dei punteggi di laurea a seconda dell’ateneo di provenienza; questo, ovviamente, per difendere il “merito”. Al di là dell’impossibilità di applicare tecnicamente un simile proposito senza fare danni, dobbiamo chiederci di che merito si tratta se in Italia ci sono ancora regioni (come la Campania, come ben sapete, dove peraltro nella nuova Giunta non c’è traccia delle deleghe su università e diritto allo studio) che non garantiscono la copertura delle borse di studio a tutti gli idonei? Sin dall’inizio della mia esperienza politica ho imparato che il merito è valutabile solo se tutti hanno le stesse condizioni di partenza, e in Italia assistiamo purtroppo ad una corsa truccata: come si può valutare coerentemente il merito di chiunque se in alcuni territori ci sono atenei che funzionano meglio con borse di studio, mense e alloggi, e in altre zone manca tutto questo?

Dunque, più che di difesa del merito, dovremmo discutere del totale demerito da parte dei nostri governi che non hanno voluto cercare di portare tutti allo stesso livello, anzi da almeno un lustro hanno coscientemente operato per il contrario.

Vi racconto un episodio: una mia cara amica doveva scegliere in quale università andare in Erasmus; aveva deciso comunque per la Francia, dunque si è rivolta al ministero francese per sapere quali fossero i migliori atenei francesi per la sua disciplina, ricevendo una secca risposta in cui si sottolineava che tutti gli atenei francesi offrono un analogo livello di qualità didattica e di servizi.
Voi ve la immaginate una risposta così dal MIUR o da Renzi, che non fa altro che parlare di università di serie A e di serie B? Aspetto con ansia di vedere un governo che, invece di introdurre nuove cervellotiche differenziazioni, lavori per portare tutte le università allo stesso livello. Spero di non aspettare in eterno.

Lorenzo Fattori

1 commento

  1. Per non parlare di un fatto a mio parere gravissimo che pochi conoscono. Frequento la facoltà di medicina e per il terzo anno di corso ho presentato domanda per la borsa di studio. Il bando adisu richiedeva il raggiungimento di 80 crediti. Il problema è sorto nel momento in cui facendo un calcolo i crediti totali dei primi 2 anno di corso erano 84, in pratica a differenza di altre facoltà io avrei dovuto conseguire il 99% circa dei crediti dovuti per accedere al beneficio. Nonostante quindi avessi solo 2 esami in debito su 12 totali mi sono visto decirtare tutti i punti bonus.
    Ora che mi appresto a frequentare il quarto anno la situazione non è migliore necessito di 135 crediti su un totale di 143.
    Al moo reclamo l’adisu mi ha risposto che purtroppo le soglie sono sancite da una legge nazionale e che quindi non prevede “casi particolari”

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