Nel pomeriggio dello scorso 11 luglio un incendio è divampato nel sito di stoccaggio di rifiuti “Ilside” di Bellona, in località Ferranzano.
Circa 300 tonnellate di rifiuti bruciati hanno innalzato un’agghiacciante nube di veleni che, dopo l’“effetto camino”, ha avvolto in un velo di diossina ed amianto Bellona e i paesi limitrofi.
Un velo di Maya celava verità e responsabilità taciute per anni, ma i raccapriccianti giochi di potere e gli interessi affaristici illuminati dal sole estivo resuscitano dalla penombra di omertà.
Secondo le recensioni ARPAC “L’incendio ha interessato la totalità dei rifiuti ad esclusione dei rifiuti con CER 191204 – plastica e gomma”. Dai primi rilevamenti emerge che la combustione ha interessato prevalentemente pitture e vernici di scarto, stipati nei capannoni in balle sovrapposte, cui bisogna aggiungere una quantità non irrilevante di rifiuti urbani depositati in più punti del piazzale.
L’assenza di una politica seria e meritevole di fiducia, le preminenze di interessi economici degli affaristi di turno, piuttosto che degli interessi ambientali e salutistici, hanno creato un popolo dai polmoni fragili, soggetto ad ingenti tassi tumorali, ma dall’acuta indignazione.
Moti di protesta infervorano l’area casertana e napoletana, in quanto ciò che spaventa è anche la serialità di tali roghi e le potenzialità di focolai non ancora esplosi e non monitorati.
In un territorio già stremato sia dalle fumarole tossiche della discarica “ex Pozzi Ginori” di Calvi Risorta (area sequestrata e in balia a deleghe di bonifica rimbalzanti tra comune e regione, secondo principi paradossalmente intempestivi), sia dall’incendio divampato nell’ex tabacchificio di Sparanise, l’incendio dell’Ilside è un altro punto a favore del collasso ambientale. Da un lato il danno alla salute pubblica e l’emergenza ambientale diventano questioni sempre più nitide ed assordanti, dall’altro le risposte istituzionali diventano più vaghe cercando di edulcorare le responsabilità di chi ha nomi ben precisi.
Alla fine è la sistematica ricorrenza dei roghi che spaventa: è la sistematicità con cui tale terra viene vilipesa, è la sistematicità con cui la bellezza di una terra (un tempo culla di fertilità e benessere) sfiorisce tra le fiamme del disinteresse e della speculazione, è la replica degli errori del passato che angoscia.
Pasolini negli “Scritti Corsari” scriveva: ”L’Italia è un paese circolare, gattopardesco, in cui tutto cambia per restare com’è […] i suoi vizi sono ciclici, si ripetono incarnati da uomini diversi con lo stesso cinismo, la medesima indifferenza per l’etica, con l’identica allergia alla coerenza, a una tensione morale.”
Terminato il periodo di campagna elettorale svaniscono le magiche soluzioni e i progetti salvifici.
A Taverna de Re, presso Giugliano, giacciono 6 milioni di eco-balle pronte a bruciare, ma il Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca non proclama lo stato d’emergenza, tantomeno adotta interventi preventivi (Legambiente denuncia i ritardi nel varare piani antincendio) nonostante la Campania sia da sempre una zona a rischio.
L’incomunicabilità riverbera nei rapporti tra istituzioni e comunità, escludendo ogni forma di sinergia.
Una significativa manifestazione si è tenuta a Bellona lo scorso 14 luglio, indetta dal Comitato per l’Agro Caleno, cui hanno aderito varie formazioni sociali, comitati, associazioni, rappresentanze istituzionali come la senatrice Vilma Moronese e il Consigliere regionale Vincenzo Viglione. Un corteo gremito di persone di eterogenee età, richiedenti giustizia e bonifiche sotto controllo popolare, affinché si precluda il rischio che affiorino interessi speculativi e camorristici anche nelle operazioni di bonifica.
La Terra dei Fuochi: una graduale Chernobyl servita a piccole dosi, un’agonia che accorcia il fiato, sufficiente a stento per l’ultimo esausto grido d’aiuto.
Melissa Aleida