Crescita del 2,1% entro il 2018, blocco alle politiche di austerity, lotta all’evasione fiscale, azione decisa sui cambiamenti climatici: sono questi alcuni dei principali obiettivi risultati dal G20 di scena a Brisbane (Australia) che ha visto protagonisti i leader dei grandi paesi industrializzati. Pur essendo stata condivisa la maggior parte dei propositi espressi sul piano economico, alcuni dissidi si sono manifestati su quello politico e, nello specifico, sulla crisi ucraina, tanto da generare un vero e proprio clima di tensione tra il premier russo Vladimir Putin e il resto del Gruppo dei 20.
La promessa dei leader lanciata al mondo è una sostanziale crescita del PIL mondiale di circa 2 miliardi di dollari in quattro anni, corredata da un’azione critica nei confronti dell’evasione, dei paradisi fiscali e dell’austerità. A tal proposito, decisamente soddisfatto si è detto il premier Matteo Renzi il quale ha dichiarato: “Il tema della crescita è stato ripreso praticamente da tutti, non abbiamo sofferto di mancanza di compagnia“. Un’azione forte contro il ristagno economico provocato dalle politiche di austerity è, infatti, uno degli argomenti caldi avanzati e sostenuti dal Presidente del Consiglio, che farà, a breve termine, capire “se la nave Europa si sta pian piano spostando dall’austerità e il rigore verso la crescita“.
Il summit si è anche focalizzato sullo stanziamento di risorse per far fronte ai disagi provocati dai cambiamenti climatici, specie per i paesi vulnerabili, discorso all’interno del quale è rientrato anche il tema dell’emergenza umanitaria in Africa occidentale provocata dal virus ebola. Purtroppo, però, le emergenze ambientali non riguardano solo i paesi in via di sviluppo, e il premier Renzi, a cui sono giunte le notizie del dramma maltempo in Italia, si è scagliato contro l’amministrazione ambientale delle Regioni: “Ci sono vent’anni di politica del territorio da rottamare, anche in alcune regioni del centro sinistra“.
Dopo il gioviale, e un tantino grossolano, ricevimento del padrone di casa Tony Abbott all’insegna di fotografie dei leader e delle rispettive first ladies con koala e canguri, l’atmosfera ha cominciato a tendersi non poco quando il banco degli imputati ha ospitato la spinosa questione ucraina. I capi di stato occidentali hanno giocato a carte visibilmente scoperte e le parole del premier britannico David Cameron sono state, a tal riguardo, ben trasparenti: “Durante il G20 è arrivato un messaggio molto chiaro dall’Europa e dagli Usa alla Russia sul modo nel quale noi intendiamo affrontare la crisi ucraina nei prossimi mesi e nei prossimi anni“.
I moniti rivolti a Vladimir Putin sono stati tanto duri quanto limpidi: Barack Obama ha definito l’aggressione russa all’Ucraina “una minaccia per il mondo“, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha proposto nuove sanzioni, e il premier canadese Stephen Harper avrebbe detto al suo omologo russo: “Ti stringo la mano ma ho una cosa sola da dirti: vattene dall’Ucraina“.
A lungo dibattuta è stata anche la questione relativa al volo MH17 della Malaysia Airlines, il cui abbattimento nei cieli ucraini lo scorso 17 luglio provocò 298 morti. Nello specifico, Obama, Abbott e il Primo Ministro giapponese Shinzo Abe, ne hanno parlato in termini di azione destabilizzante condotta dalla politica estera del Cremlino in Ucraina ed hanno fatto esplicita richiesta che i responsabili vengano rinviati a giudizio.
Dal canto suo, Putin ha criticato la decisione del presidente ucraino Petro Poroshenko di instaurare una politica di isolamento economico delle regioni filorusse di Lugansk e Donestk, ed ha ripromesso di instaurare delle trattative con il governo ucraino a tal proposito. Gli occhi del mondo erano puntati sul G20 speranzosi di scorgere una qualche prospettiva di distensione tra la Russia e l’asse USA-UE, dopo che, nelle scorse settimane, il presidente Putin aveva aperto uno spiraglio al dialogo con l’Occidente tramite l’incontro con Poroshenko e il vertice Asem di Milano. A somme tirate, queste speranze dovranno essere, se non accantonate, quanto meno rinviate, a causa dell’aria da guerra fredda calata su Brisbane in materia di equilibri e stabilità politiche internazionali.
Il clima inquieto venutosi a creare deve aver infastidito non poco il presidente russo che ha lasciato l’Australia prima della pubblicazione del comunicato finale. Nonostante ciò, Putin ha parlato di una generale “atmosfera costruttiva“, sostenendo, in riferimento ai leader occidentali: “Alcuni dei nostri punti di vista non coincidono, ma le discussioni sono state complete, costruttive e molto utili“.
Dopo le critiche piovute da ogni dove, anche dai cittadini australiani che hanno stigmatizzato la presenza di navi da guerra russe in esercitazione militare al largo delle coste del Queensland, il viceministro degli Esteri russo Serghei Ryabkov non ha nascosto il fatto che non ci sia stato il minimo passo avanti nel miglioramento delle relazioni tra la Russia e gli Stati Uniti.
Barack Obama è, infatti, stato chiaro: “Se la Russia in Ucraina continuerà a violare lo spirito dell’accordo di Minsk, che Putin stesso ha accettato, l’isolamento della Russia continuerà. La Russia ha l’opportunità di prendere una strada diversa per risolvere la crisi in Ucraina nel rispetto della sovranità e del diritto internazionale. Se lo farà io sarò il primo a eliminare le sanzioni che obiettivamente hanno un effetto devastante sull’economia russa. Se continuerà a violare il diritto e gli accordi di Minsk allora continuerà anche l’isolamento della Russia“.
Cristiano Capuano