L’intercettazione nel nostro ordinamento costituisce un mezzo di ricerca della prova tipico poichè previsto e disciplinato dal codice di procedura penale. La normativa relativa alle intercettazioni è stata, in passato, specie negli anni di governo Berlusconi, e, tutt’ora, causa di fortissimi attriti politici che riflettono il più esteso problema dei rapporti tra politica e magistratura. Anche in estate lo scontro tra i partiti di maggioranza è stato netto. Il rinvio dell’approvazione delle modifiche relative alla pubblicabilità delle telefonate registrate e sul loro uso integrale nei provvedimenti dei giudici ha alimentato il malessere del Nuovo centrodestra, da sempre particolarmente sensibile alla questione. Le originarie linee guida della modifica della normativa sulle intercettazioni prevedevano di ammettere per le sbobinature dei colloqui esclusivamente un riassunto, escludendo la possibilità che queste fossero allegate alle ordinanze cautelari. Si prevedeva inoltre che la consultazione delle stesse da parte degli avvocati avvenisse in una apposita sede. Le novità avrebbero dovuto riguardare anche l’introduzione delle intercettazioni per i colpevoli dei reati di mafia anche in riferimento ai reati contro la pubblica amministrazione.
Riassumendo e semplificando, l’attuale disciplina prevede all’articolo 297 del cpp che il PM debba chiedere al GIP l’autorizzazione a disporre le intercettazioni sulla base degli atti che egli gli ha trasmesso, dai quali dovranno emergere i presupposti delle stesse. Ricevuta l’autorizzazione con decreto motivato dal GIP, il PM dovrà stabilire con decreto la modalità (le utenze telefoniche da controllare) e la durata delle stesse (non oltre 15 giorni salvo che la prosecuzione sia indispensabili ai fini delle indagini e ci siano gravi indizi). Le utenze che possono essere intercettate sono innanzitutto quelle riferibili agli indagati, quelle riferibili ai testimoni, ma anche quelle riferibili alle persone totalmente estranee ai fatti, nei casi in cui possano ricevere (ad esempio nel sequestro di persona a scopo di estorsione) comunicazioni da indagati o testimoni. Proprio in riferimento al sequestro a scopo di estorsione sarà possibile intercettare, ad esempio, le comunicazioni dei familiari del sequestrato, con la quasi certezza di registrare anche conversazioni private e del tutto non attinenti ai fatti. Negli ultimi anni un forte motivo di critica è derivato proprio dal fatto, che arrivati a questo punto, non sia possibile per il PM distruggere tutte quelle registrazioni non rilevanti con gran pregiudizio per la privacy degli interessati, lesa molto spesso dalla pubblicazione delle stesse sui mezzi di stampa.
Infatti, ad oggi, le registrazioni delle intercettazione ed i “verbali sommari” vengono trasmessi al PM che esercita un primo controllo della loro ostensibilità. Superato questo controllo e salvo il differimento del deposito (quando dal deposito possa derivare grave pregiudizio alle indagini), il PM, appunto, dispone il deposito dei verbali e delle registrazioni. In caso di deposito viene dato avviso immediato ai difensori delle parti private, che, nel rispetto dei termini fissati dal PM e senza estrarne copia potranno esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni. Il GIP, in seguito, fissa la data dell’udienza di stralcio (che nella prassi in realtà si tiene di regola in dibattimento) dopo che il PM e le parti private abbiano chiesto l’acquisizione delle intercettazioni. Il giudice, riassumendo, disporrà poi l’acquisizione di tutte le registrazioni che non appaiano manifestamente irrilevanti e, invece, lo stralcio di quelle di cui sia vietata l’utilizzazione e di quelle sicuramente irrilevanti. Queste ultime infatti verranno “solamente” conservate in un archivio separato dal PM fino a sentenza irrevocabile.
Tutti gli interessati, a tutela della propria privacy, potranno chiedere al giudice che ha autorizzato/convalidato l’intercettazione, la distruzione della registrazione relativa ad essi, perchè ritenuta non necessaria ai fini del procedimento. Il giudice deciderà a riguardo in un’apposita udienza in camera di consiglio.
Gennaro Dezio