Sabato 16 gennaio i jihadisti hanno preso di mira ed assalito uno dei villaggi di al-Bughailiyeh, non molto lontano dall’Iraq. Questa area è il fulcro del Paese dove sono concentrati i giacimenti petroliferi e 350 raffinerie mobili.
In realtà, la maggior parte della città è nelle mani dell’Isis, che ha voluto mandare un messaggio a Bashar al-Assad attraverso questa barbarie: nessuno potrà sottrarre loro i preziosi giacimenti. Il presidente della Siria vorrebbe riconquistare la zona a confine tra la Siria e l’Iraq per l’indipendenza energetica del paese (costretto ad acquistare il petrolio dal Califfato), per la sussistenza del popolo e per il rifornimento delle truppe di Damasco.
I militanti dell’Isis sono riusciti a penetrare all’interno del villaggio dopo aver fatto saltare in aria alcuni kamikaze vicino ai luoghi di governo per annientare le forze di sicurezza. Le vittime – si contano 300 morti, tra cui donne e bambini decapitati, e 400 rapiti – sono state prelevate dalle proprie abitazioni, uccise e gettate nel fiume Eufrate.
Rami Abdel-Rahman, il capo dell’osservatorio siriano dei diritti umani, ha espresso il suo pensiero sull’accaduto ed in particolare sui rapiti:
“Temiamo che i 400 civili vengano giustiziati o ridotti in schiavitù con il pretesto che erano sostenitori del regime”.
Contemporaneamente dei raid aerei hanno attaccato Raqqa uccidendo quaranta persone. Non è ancora chiaro se l’artefice sia la coalizione degli USA o la Russia.
Ilaria Cozzolino