A meno che non abbiate passato le ultime ore nello spazio o in un deserto, saprete certamente che Leonardo Bonucci è un nuovo giocatore del Milan. Un trasferimento importante che muta sicuramente gli equilibri del campionato. E non potrebbe essere altrimenti, se uno dei migliori giocatori approda in quella che, a tutti gli effetti, si prepara ad essere una nuova contender della Juventus. Se non adesso, sicuramente in futuro. Nelle casse del club bianconero 42 milioni. Al giocatore un contratto quinquennale da 6,5 milioni più bonus e la fascia di capitano.

Che qualcosa si fosse incrinato tra Bonucci e la Juventus lo si era capito negli ultimi mesi. Il litigio con Massimiliano Allegri durante Juventus – Palermo aveva lasciato dei forti strascichi, anche se pubblicamente la cosa sembrava esser rientrata. Poi, la foto su Instagram dopo la finale di Cardiff in cui il n.19 scriveva “[…] resta l’orgoglio di aver fatto parte di un gruppo straordinario”. Nei giorni successivi sono arrivate le voci riguardo alcuni litigi durante l’intervallo della stessa finale ed un ipotetico schiaffo dello stesso Bonucci a Dybala. Rumors che negli ultimi giorni gli stessi giocatori della Juventus hanno cercato di spegnere ma che spiegherebbero i motivi della cessione di Leo – perché è di cessione voluta dalla società che si sta parlando – e dell’addio di Dani Alves. Insomma, una trattativa lampo ma una scelta presa già da tempo, forse già nei giorni immediatamente successivi alla partita contro il Real. Un burrascoso finale per una storia d’amore durata sette anni.

BonucciE il numero sette ricorre anche quando si parla degli scudetti vinti (uno con l’Inter 2005/06), ricorre nelle settanta presenze in nazionale. Nella scorsa stagione, è stato premiato dalla UEFA come uno dei migliori giocatori della Champions League. A soli trent’anni Leonardo Bonucci ha un curriculum da fare invidia, che accompagna delle caratteristiche uniche nella storia del calcio italiano e che lo rendono uno dei migliori difensori al mondo. Il migliore insieme a Sergio Ramos, secondo il suo nuovo allenatore Vincenzo Montella. Il migliore, secondo la classifica redatta dal The Telegraph qualche mese fa. Guardiola impazzisce per lui.

E al Milan Bonucci affronterà una nuova sfida, probabilmente la più importante della propria carriera, che definirà ciò che si penserà di lui quando appenderà le scarpette al chiodo. Mario Sconcerti sulle pagine de Il Corriere della Sera nel novembre scorso ha cercato di rispondere ad una domanda: “facendo la classifica dei migliori difensori italiani di ogni tempo in che posizione si troverebbe Bonucci?”

Difficile rispondere. Per quanto ci piaccia stilare classifiche e definire x migliore di y, il gioco del calcio si è evoluto così enormemente che confrontare giocatori del passato con quelli odierni è impossibile. Forse non ce ne rendiamo conto, ma se solo provassimo a guardare una partita di trent’anni fa, ci renderemmo conto di come la velocità di gioco sia diversa, di come i dogmi su cui prima si fondava il calcio oggi sono messi in discussione o, addirittura, risultano antiquati. E in questa sorta di laboratorio della Parigi illuminista, era naturale che venissero “prodotti” dei giocatori mai visti. I primi due nomi sono semplici, e quindi sarebbe anche inutile parlarne. Vorrei, invece, soffermarmi un attimo su di un altro scherzo della natura: Zlatan Ibrahimović.

In un’altra era, lo svedese giocherebbe attaccante centrale e andrebbe al doppio della velocità di un Bruno Conti, che ai suoi tempi era l’ala più forte del mondo. Senza considerare la visione di gioco da regista e la personalità, la forza d’animo – che avrà sicuramente ereditato dalle sue discendenze slave – capaci di trascinare, di caricarsi sulle spalle una squadra come solo El Diez sapeva fare ma con un approccio totalmente differente. Il calcio e lo sport in generale si stanno muovendo nella direzione in cui il binomio grande atleta-giocatore è sempre più inscindibile. È così per i Cristiano Ronaldo, i Lewandowski, i Pogba, i Neuer e gli Ibrahimovic, per l’appunto. Per Leonardo Bonucci non vale lo stesso discorso, lui non ha niente fuori dalla norma. Non a livello genetico, almeno. Non a livello di coloro che ti fanno comporre un epos. È un normotipo, con pregi chiari e difetti ancor più evidenti. Quel che lo differenzia dalla massa è l’ossessione di migliorare giorno dopo giorno. Quella che riduce il gap con i supereroi al punto da quasi eliminarlo. Quella che ti porta tra i numeri uno.

Bonucci non è un predestinato. Non è come un Paolo Maldini o un Beppe Bergomi, gente che già a 17-18 anni entrava in campo con la consapevolezza e le capacità di un veterano. Per ”lo Zio”, probabilmente, anche l’acconciatura aiutava. Alla soglia della maturità, Leo aveva addirittura solo da poco cominciato a giocare in difesa, visto che fino a sedici anni era considerato un centrocampista – da qui anche alcuni suoi limiti in marcatura riscontrati in passato. Non è da tutti riuscire a recuperare anni di fondamentali difensivi mentre si cerca di emergere nel calcio professionistico. Lui ce l’ha fatta, grazie a Ventura e Conte, i due allenatori che gli hanno cambiato la carriera, e grazie al suo motivatore, conosciuto durante l’esperienza travagliata a Treviso. E tutta quella personalità, che spesso sfocia nell’arroganza – di cui questi giocatori hanno bisogno per fare quel che fanno ed affrontare determinati palcoscenici – nasce lì, a Treviso, in una cantina in cui veniva insultato e preso a pugni al buio per la sua paura del giudizio di tifosi e stampa.

È nella testa, dunque, prima ancora che nei piedi la grandezza del giocatore Bonucci. Qualcosa che lo ha fatto crescere e superare anche i primi momenti difficili alla Juventus, dove doveva convivere con una valutazione da 16 milioni e una squadra che neanche riusciva a qualificarsi in Europa League. Bonucci ha avuto sempre la costanza e l’umiltà di capire che aveva ancora molto da imparare se voleva farcela a alti livelli, e così siamo passati da gol regalati a Pandev a gol salvati su Higuaín. Perché parlo in particolare di quel gol concesso al macedone in un Napoli 3-3 Juventus? Perché quella è la prima volta in cui si è vista in campo la BBC. Il momento in cui ha iniziato ad emergere.

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Adesso tutto questo, però, è solo un ricordo, perché c’è una nuova avventura da cominciare e nuove pagine di storia da scrivere. E anche se a quella domanda di Mario Sconcerti è difficile rispondere in termini assoluti, Bonucci è sicuramente uno dei difensori migliori e più completi che siano stati prodotti dal nostro calcio (almeno) negli ultimi vent’anni. E questa nuova veste da capitano rossonero può aiutarlo a diventare ancora più grande. Non che con la Juventus non potesse diventarlo ma potremo costatare la sua crescita al di fuori dall’ambiente bianconero e le sue capacità di leadership in un gruppo giovane ma con delle grandi responsabilità: riportare il Milan in vetta.

E avere Montella come allenatore può essere un fattore aggiuntivo, poiché l’ex Aeroplanino è un allenatore di sistema molto simile a Conte e Ventura. E la difesa a tre, che oggi sembra essere l’opzione più intrigante considerando anche l’acquisto di Musacchio, potrebbero rendere Bonucci ancora più perno centrale della spina dorsale rossonera. Montella a Firenze ha dimostrato di non essere ancorato su di un singolo modello di gioco, che si adottasse la difesa a tre o a quattro l’approccio alla gara era sempre il medesimo, volto alla riconquista veloce della palla, un’avvolgente manovra di gioco dettando il ritmo e un’ampiezza laterale. Tutte cose che non è riuscito ad imporre lo scorso anno a causa della mancanza di un regista, che ha provato a colmare utilizzando Sosa come vertice basso di centrocampo, essendo l’unico giocatore con caratteristiche da palleggiatore. Adesso grazie all’arrivo di Bonucci e Biglia, potrà finalmente mettere in piedi la sua idea di gioco. Come spiega molto bene L’Ultimo Uomo in questo articolo.

La nuova sfida di Leonardo Bonucci da capitano del nuovo Milan comincia oggi.

Fa ancora effetto scriverlo.

Michele Di Mauro

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