Lo scorso 10 novembre sono stati arrestati ad Haiti, con l’accusa di narcotraffico, due familiari del Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Nicolás Maduro.

Il provvedimento è stato applicato dalle autorità haitiane nell’ambito di un’operazione condotta congiuntamente con la DEA, l’agenzia governativa statunitense che contrasta il traffico di droga. I personaggi coinvolti sono Efraín Antonio Campo Flores e Francisco Flores de Freitas, parenti acquisiti di Maduro da parte della moglie. L’ingresso dei due cittadini venezuelani nel Paese antillano era avvenuto a bordo di un aereo privato, pilotato da un ufficiale dell’aviazione della Repubblica Bolivariana e carico – pare – di almeno 800 kg di cocaina. I due familiari del Presidente sono stati immediatamente trasferiti da Haiti negli Stati Uniti, dove sono detenuti perché sospettati di voler trasportare la droga a New York, per poi spacciarla in città.

La notizia arriva a meno di un mese dalla data fissata per le elezioni parlamentari, che si terranno il 6 dicembre prossimo: con le consultazioni vicine, c’è da chiedersi se lo scandalo possa avere un ruolo nel ridisegnare gli equilibri politici del Venezuela e, di riflesso, di un’intera regione. La risposta non sembra univoca, per alcuni motivi.

Il Venezuela sta attraversando una profonda crisi economica e sociale. La morte di Chávez, nel 2013, ha consentito al suo delfino, Nicolás Maduro, di diventare Presidente: questi però non ha saputo mantenere il consenso intorno alla Rivoluzione Bolivariana, soprattutto a causa delle conseguenze nel Paese della crisi economica internazionale, come l’inflazione, la disoccupazione, la corruzione e la violenza urbana.

Il difficile contesto interno ha finito per indebolire il Presidente Maduro anche sul fronte internazionale: alcuni alleati storici hanno deciso di trascurare le politiche regionali promosse dal Venezuela, e di riavvicinarsi al suo avversario, gli Stati Uniti. Oltre alla riapertura delle relazioni diplomatiche tra Washington e Cuba, sembra nuova testimonianza di ciò proprio la velocità con cui il governo haitiano ha disposto l’estradizione dei due familiari di Maduro negli Stati Uniti. La procedura è stata contestata da parte di alcuni organi di stampa vicini all’establishment venezuelano: si sarebbe trattato, secondo quelli, di un provvedimento di espulsione, piuttosto che di una formale estradizione, tanto più illegale perché i due cittadini venezuelani non sarebbero stati trovati in possesso di droga. Indipendentemente dal segno del provvedimento, comunque, il comportamento di Port-au-Prince sorprende, perché Haiti si è sempre posta come un forte alleato di Caracas nella strategica regione caraibica.

In vista delle elezioni di dicembre, i sondaggi danno i partiti dell’opposizione in vantaggio di circa 30 punti. Consapevole della sua debolezza politica, per recuperare consensi Maduro ha scelto di tenere il silenzio sulla vicenda giudiziaria dei congiunti, tuonando piuttosto, negli ultimi giorni, contro l’”assedio permanente” cui “l’imperialismo degli Stati Uniti” sottopone ormai costantemente il Venezuela e insinuando indirettamente che anche gli arresti dei suoi familiari potrebbero essere coerenti con il proposito degli angloamericani di destabilizzare il suo Governo. La strategia è dunque quella di impermeabilizzare il Paese contro qualsiasi notizia sullo scandalo – i principali quotidiani nazionali non ne hanno fornita alcuna – e di compattare la Nazione contro il nemico esterno. Nonostante ciò, l’opposizione ha chiesto la formazione di una Commissione d’inchiesta, ma anche gli stessi organi rappresentativi del costituzionale Poder Ciudadano hanno annunciato un’indagine sul coinvolgimento dell’ufficiale dell’aviazione nella vicenda.

In sostanza, proprio per il modo in cui Maduro e il Governo venezuelano stanno gestendo il caso, analisti e politologi venezuelani si dividono sulla possibilità che lo scandalo possa effettivamente alterare il risultato del voto.

Ludovico Maremonti

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