Il 17 marzo non è una data qualunque per Napoli: nel 2001 nella città partenopea manifestava, praticamente per la prima volta in Italia, il Movimento No-Global, scatenando una reazione delle Forze dell’Ordine che ben preannunciava cosa sarebbe successo nel luglio di quello stesso anno a Genova.

Difficile trovare qualcuno che oggi ricordi cosa accadde nel marzo 2001 a Napoli, offuscati come furono quegli avvenimenti dai “fatti del G8 di Genova“. Tra il 19 e il 22 luglio la storia del nostro paese fu macchiata da una pagina orribile, fatta di violenze e atti atroci che ancora oggi faticano a trovare un senso nelle menti di chi li ha vissuti e nella coscienza storica della nazione stessa. Sarebbe stato impensabile e totalmente inauspicabile che quei fatti non avessero avuto risonanza internazionale, come invece è stato.

Eppure soli quattro mesi prima qui, a Napoli, era successo qualcosa di assolutamente simile e che poteva lanciare un segnale d’allarme che invece non fu capito. A questo paese è servito toccare il fondo, vedere il baratro della tortura alla Diaz per cambiare. Delle “semplici violenze” a Napoli, senza morti alla Carlo Giuliani a quanto pare non potevano bastare.

Le manifestazioni di Napoli e Genova ebbero alcuni punti in comune, oltre agli scontri: furono entrambe manifestazioni No-Global; furono organizzate per protestare contro vertici dei leader mondiali tenuti nelle due città italiane e durarono entrambe quattro giorni.

Il Movimento No-Global è di natura eterogenea; ingloba qualsiasi associazione, gruppo o movimento più piccolo che sia contrario al controllo e alla gestione dell’economia mondiale da parte di multinazionali e di pochi governi mondiali, a scapito della grande maggioranza della popolazione mondiale.

Se a Genova esso protestò contro il G8 (tra l’altro tenutosi nel capoluogo ligure solo dopo la bocciatura della candidatura di Napoli, ritenuta “ad alto rischio di disordini”), incontro di natura politica tra i leader di Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito, Italia, Canada, e Russia, a Napoli, scese in piazza contro il Global Forum, di stampo economico, patrocinato dall’ONU e organizzato dall’Italia stessa, con tema “l’applicazione delle tecnologie digitali alla pubblica amministrazione”.

Il Forum era previsto per il 17 marzo a Palazzo Reale. Già dal 14 partirono le prime contestazioni. Quel giorno, infatti, gruppi No-Global diedero vita a una street parade che arrivò in piazza del Gesù. Lì, delle volanti di Polizia cominciarono a sfrecciare per disperdere la folla, colpendo e ferendo anche dei manifestanti, nessuno in modo grave.

17 marzo 2001 No-Global violenze Napoli
17 marzo 2001 No-Global violenze Napoli

Il 15, invece, in mattinata, un corteo sfilò per la città, oscurando le telecamere di sorveglianza incontrate durante il cammino e protestando contro le multinazionali come McDonald’s.

17 marzo 2001 No-Global violenze Napoli
17 marzo 2001 No-Global violenze Napoli

Il 16, poi, fu inaugurato il “No-Global Forum”, con una conferenza dal titolo Movimenti e globalizzazione.

Per il 17 si era stabilito che il corteo sarebbe partito alle 10.30 da piazza Garibaldi. La città era militarizzata ormai dal 14 e in particolar modo lo era la cosiddetta “zona rossa”. Un cordone di agenti bloccava fisicamente l’accesso a piazza Plebiscito e strade limitrofe. Tutti gli imbocchi a strade laterali erano stati bloccati, per cui il corteo (o chiunque altro) avrebbe potuto attraversare solo il corso Umberto e via Depretis, fino a piazza Municipio.

17 marzo 2001 No-Global violenze Napoli
17 marzo 2001 No-Global violenze Napoli

La situazione iniziò a degenerare due ore dopo, intorno alle 12.30, quando alcuni manifestanti alla testa del corteo tentarono di superare il cordone di agenti e di accedere alla zona rossa. Le forze dell’ordine caricarono, con violenza, senza fare distinzioni. Anche alcuni agenti vennero feriti. Le ambulanze non riuscivano ad accedere alla zona dove stavano avvenendo gli scontri, piazza Municipio, dove a un certo punto gli agenti avevano iniziato a condurre chiunque fosse per strada, per poi quasi accerchiarli e tenerli lì.

Per quei manifestanti feriti che avevano deciso di andare all’ospedale il destino fu comune: le Forze dell’Ordine li raggiunsero e condussero 87 persone in caserma, anche chi aveva semplicemente accompagnato qualcun’altro al pronto soccorso. La caserma in questione era la Raniero, nei pressi di piazza Carlo III. Qui, hanno raccontato i testimoni, la polizia diede vita alle vere violenze, verbali e fisiche, minacciando, schernendo e picchiando gli 87 fermati, anche chi era già stato ferito in precedenza.

I dieci poliziotti e i due funzionari accusati di violenza privata, lesioni, abuso d’ufficio e falso furono condannati già in primo grado solo per il reato di sequestro di persona. La Cassazione, però, aveva annullato la condanna e oggi, ormai, le accuse sono cadute in prescrizione.

A fare in modo che una tale storia non venisse mai dimenticata, né che venisse riscritta da quelli che, purtroppo, furono i vincitori, la Rete No-Global decise di redigere un Libro Bianco che racchiudesse le denunce anonime di chi aveva vissuto i fatti del 17 marzo 2001 in prima persona. In un epoca in cui non c’erano i social a permettere la diffusione di una “controinformazione“, tale libro si dimostrò fondamentale, raccontando quello che successe tramite le parole del personale del 118 di turno in quelle ore o dei genitori degli studenti liceali che avevano preso parte alla manifestazione.

Soprattutto, però, il Libro Bianco ci permette di sapere cosa accadde alla caserma Raniero. Leggerlo è straziante ma necessario. Qui il racconto di una ragazza che fu portata alla Raniero dopo essere stata prelevata all’ospedale Pellegrini dove aveva accompagnato due donne ferite:

“Mi aprono la portiera e un corridoio di poliziotti ci “accoglie” con sputi, insulti e spintoni. Entro in un grosso stanzone dove sul fondo vedo, cinque, sei ragazzi inginocchiati, faccia al muro, presi a calci, calci così forti da farli saltare da terra. È quello che aspetta anche me (…) Le provocazioni e gli insulti sono pressanti, mai avrei immaginato che le cose andassero così! Perdi ogni diritto, ti tolgono la dignità. Mi hanno detto cose orribili.

(…) Solo ad un tratto, uno mi ha urlato in faccia tirandomi i capelli: “Si sulament’ hann’ sfiorat’ a ‘na cullega dda nost’ t’amm’accirere’!”(Se solamente hanno sfiorato una nostra collega, ti dobbiamo ammazzare!). E mi sono sentita come se mi leggessero una sentenza di morte: colleghi o colleghe loro saranno stati sicuramente feriti negli scontri che ci saranno stati a Piazza Municipio e loro lo sapevano benissimo, avrebbero cominciato con una scusa qualsiasi a prendermi a calci. Solo l’intervento dei commissari, li ha fatti momentaneamente calmare. Ma ci sono venuti vicino dicendo che appena se ne fossero andati i loro capi per noi non ci sarebbe stato più scampo, che eravamo dei bastardi, che ora, lì dentro, stavamo facendo le finte pecorelle e che invece non eravamo altro che una massa di sovversivi e per questo avremmo pagato.

Hanno cominciato le perquisizioni: uno alla volta, dentro al bagno, a porta chiusa (…) Nell’entrare vedo il lavandino pieno di sangue e altro sangue schizzato “di fresco” su tutte le pareti.

(…) Vedo un ragazzo che spinto, esce dal bagno. Ancora l’insultano, ancora lo provocano pesantemente. I segni delle percosse sono più che evidenti sul suo volto anche perché prima di entrare lì dentro era completamente illeso.

(…) La ragazza è stata colpita da manganellate alla testa durante le cariche a Piazza Municipio, poi continuandomi a raccontare, mi mostra la schiena. Un’unica macchia violacea. Ha del sangue che continua ad uscirle da una delle ferite alla testa e nonostante questo è stata picchiata anche una volta arrivata in caserma, senza un minimo di pietà.

(…) Durante la perquisizione, in bagno, a porte chiuse, un poliziotto l’ha fatto spogliare e dopo un tentativo di violenza sessuale, lui ha reagito, allora è stato picchiato selvaggiamente”.

Il 17 marzo 2017 è stato il sedicesimo anniversario di queste violenze. Una ricorrenza che non va dimenticata ma, anzi, va ricordata il più possibile. Anche il 17 marzo 2001 fa parte della storia della città di Napoli per cui in tanti lottano per diffonderla.

Desire Rosaria Nacarlo

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