Quando giovedì sera Marco Travaglio ha deciso di abbandonare lo studio di Servizio Pubblico per non dover ascoltare il Presidente della Regione Liguria Claudio Burlando, ammetto che il primo pensiero è corso a Berlusconi.
Non so se ve lo ricordate, era a Domenica In, all’Arena di Massimo Giletti, e si celebrò con un “Me ne vado? Me ne vado!” perché l’allora Cavaliere voleva tenere una specie di comizio. Comprensibile, era il periodo elettorale di dicembre 2012, da lì a due mesi saremmo andati alle urne.
Certo, l’abbandono dello studio televisivo non sarebbe neanche una novità: andando indietro nel tempo, mi viene in mente Brunetta ad Agorà lo scorso aprile. Ok, il conduttore lo ha preso in giro nemmeno troppo velatamente e lui si è sentito offeso. Umano, è semplicemente umano andarsene da dove gli altri si prendono gioco di te.
Poi c’era il caso di Laura Ravetto con Aldo Busi, che è andato a finire con una querela, oppure Beppe Severgnini, che nel 2011 se ne andò da Matrix (condotto allora da Alessio Vinci) durante un servizio palesemente pro-Berlusconi che presentava il cosiddetto “complotto delle toghe rosse” nei suoi confronti.
Travaglio, tuttavia, ha innalzato il livello della sceneggiata a vette mai raggiunte prima, o se preferite ha fatto sprofondare il proprio livello più in profondità della Fossa delle Marianne.
Ha preso l’abbandono dello studio televisivo, di matrice berlusconiana (è un caso che abbia attinto così tanto dal più grande nemico, quello che lo ha fatto assurgere agli onori della carta stampata?), e lo ha sublimato perché l’ha portato in atto senza annunciarlo, con la proverbiale riservatezza sabauda. All’elemento della nemesi berlusconiana, però, si aggiungono anche elementi più spiccatamente grillini: l’insulto personale, del quale emblematico il “ma questo è matto” riferito a Burlando; il rifiuto del dialogo, che poi è il motivo per il quale Santoro si è imbufalito nei confronti dello scrittore edito da Chiarelettere, che partecipa anche il Fatto Quotidiano del quale Travaglio è vicedirettore e che tante copie ha venduto con i libri su Berlusconi e sul malcostume; infine l’incapacità di replicare sensatamente una volta messo in difficoltà, e se a Piazzapulita un 14enne aveva messo in difficoltà il Sindaco di Firenze Dario Nardella stavolta è un ragazzo di 20 anni o poco più, volontario spalatore di fango a Genova, a mandare in crisi la famosa penna. I tre fattori hanno allora prodotto la più che infantile reazione del narcisista che non vede più riconosciuta la propria autorità.
Pensateci bene: l’unica volta che Travaglio era uscito così umiliato in una diretta quale è stata? Esatto, proprio quella. La volta in cui Berlusconi, sempre a Servizio Pubblico (parliamo del 10 gennaio 2013), pulì col proprio fazzoletto la sedia sulla quale si era seduto il buon Marco. Un modo di dire che vale quanto una merda, un attentato alla sua figura di giornalista perfetto, modello di integrità e di serietà. Un colpo che ha lasciato un trauma psicologico pesante, una ferita nell’orgoglio difficile da rimarginare.
Quella di giovedì è stata solo la seconda, e gli ha assestato un buon colpo. Certo, nella settimana nera del grillismo, è una strana coincidenza: è come se i simboli contro i quali ci battiamo stiano crollando l’uno dopo l’altro. Il più grande pericolo da evitare, ad ogni costo, è che ad essi se ne sostituiscano altri, ugualmente se non maggiormente dannosi.
-S
D’accordo su tutto, ma correggete il virgolettato. Ha detto “matto”, non “scemo”. Non cambia la sostanza, ma per la precisione è meglio