Facciamo quattro chiacchiere davanti, non a caso, ad un caffè, con Mario Emanuele Fevola, uno scrittore emergente laureando in Scienze e Tecniche Psicologiche presso la Federico II di Napoli, che il 17/12/2014 ha presentato il suo primo libro “L’amore ai tempi del caffè“, un viaggio sul filo della memoria e della malinconia esistenziale, tra delusione e speranza, l’abisso e il sogno, emozioni e ricordi.
1. Ciao Mario, cosa ti ha spinto a scrivere per la prima volta?
È una storia molto divertente! Da bambino la maestra mi assegnò un tema la cui traccia consisteva nel raccontare un episodio d’infanzia che ci era rimasto impresso. Io scrissi di come nei momenti di agitazione e pianto soltanto le melodie di Pino Daniele riuscissero a calmarmi, addirittura più di un buon biberon. La maestra non la prese molto bene e mi disse che quello non era il modo di scrivere, ma da allora in me scattò qualcosa che mi avvicinò incredibilmente alla scrittura arrivando, a 10 anni, a vincere un concorso di poesia.
2. Il tuo corso di studi ti ha aiutato nella scrittura?
Ad essere sincero non troppo. Penso che per scrivere siano necessarie semplicemente la passione e la predisposizione alla scrittura, fattori che nessun corso di studi, a mio avviso, può dare.
Riguardo alla psicologia in particolare penso che per il momento non mi sia stata utile perché non ricerco solamente il fattore psicologico nei miei scritti, ma soprattutto quello emotivo e motivazionale, per il futuro chissà.
3. “L’amore ai tempi del caffè” è stata la tua prima opera. Quale idea gli ha dato vita? Parlaci un po’ del libro.
Ricordo che ero seduto ad un tavolino di un bar, durante una delle tantissime pause universitarie, e scrissi un capitolo breve. Il fatto di essere poi un appassionato della letteratura sudamericana, nella quale il fattore “Caffè” è onnipresente, penso mi abbia influenzato molto. Ho notato infatti che in tutti i miei scritti precedenti all’ “Amore ai tempi del caffè” compariva sempre, in un modo o nell’altro, la parola “caffè“.
Penso poi che mi sia stata molto d’ispirazione la famosa frase di De Crescenzo:”Il caffè è una scusa. Una scusa per dire a un amico che gli vuoi bene”
Nel libro ci sono storie di vita vera, da bambini che girano un’isola in bicicletta e incontrano la fugacità dell’amicizia all’innamorato seduto al tavolo e avvinto mortalmente al suo destino. L’infedeltà dell’amore, la sua generosità, la sensualità della giovinezza corrosa dalla periferia sono tutti temi presenti nel libro. Tutto narrato ovviamente attraverso un filtro letterario di caffè.
4. Pubblicarlo è stato molto difficile?
A dire la verità no. Quando scrivi qualcosa è importante mandarlo a molte case editrici, ma ancora più importante è il sapere aspettare. Non bisogna farsi prendere dalla fretta di pubblicare, perché ovviamente ci vuole il tempo che ci vuole. Purtroppo spesso si ha a che fare con gente priva di scrupoli il cui scopo è soltanto quello di spillarti soldi. Fortunatamente la casa editrice Albatros mi ha dato una grandissima mano alla realizzazione di questo progetto.
5. C’è qualche scrittore in particolare a cui ti ispiri?
Beh il titolo penso sia un chiarissimo riferimento al capolavoro di Gabriel Garcìa Màrquez, a cui mi ispiro moltissimo, anche se non posso fare a meno di citare scrittori come Hemingway e Tabucchi, che mi hanno trasmesso davvero tanto.
6. Che consiglio daresti ad un ragazzo il cui sogno è pubblicare un libro?
Bisogna provare, coltivare e imparare come si scrive. Penso che scrivere sia come suonare la chitarra, è necessaria innanzitutto un’elevata pratica e la conoscenza del fattore tecnico, ma anche l’ascolto dei Grandi non è da sottovalutare. Così come l’ascolto è essenziale per il chitarrista, la lettura è essenziale per lo scrittore. È fondamentale, lo dirò sempre, sembrerà banale, ma è così. Leggendo si impara molto e si esce sempre arricchiti, e mischi il tutto con quella che è la tua storia autobiografica.
Dopo quest’ultima risposta mi accorgo che il caffé è ormai finito nella mia tazzina e così il tempo della mia intervista. Un caloroso abbraccio a Mario Emanuele Fevola.
Chistian Nardelli