NAPOLI – Accade il 17 gennaio scorso. Il boss Giovanni Licciardi viene arrestato a Napoli, al Corso Secondigliano, a bordo di una Smart guidata da un 29enne già ben conosciuto alle autorità. Esaminati i documenti e accertate le generalità, inizia la perquisizione. Addosso a Giovanni Licciardi, capo all’omonimo clan, sono stati ritrovati 1100 euro in contanti, sequestrati dagli agenti che hanno prontamente condotto il boss nel carcere di Poggioreale. Si crede, infatti, che i soldi possano essere i proventi di qualche malaffare del clan.

Il clan Licciardi è tenuto costantemente sotto controllo, perché tra i più potenti della zona. Ha una storia che parte dal clan Giuliani. Negli anni ottanta, infatti, Gennaro Licciardi detto ‘a scigna, diventa capozona di Secondigliano per conto del clan Giuliani. Rispetto agli altri camorristi, però, i Licciardi non erano considerati potenti né minacciosi, visto che nella loro zona non c’erano attività commerciali alle quali chiedere il pizzo. Allora Gennaro Licciardi decise di distaccarsi dai Giuliani e formare un clan nuovo che avesse come maggior introito, non il pizzo, ma lo spaccio di droga. Secondigliano, infatti, diventerà di lì a poco la più grande piazza di spaccio di droghe. Dopo la morte del capoclan Giovanni, la gestione passò ai fratelli Pietro e Vincenzo, ma un ruolo fondamentale lo ebbe la sorella Maria, spietata e determinata, detta ‘a piccerell. In seguito all’arresto di quest’ultima e degli altri esponenti del clan, con il sequestro di beni dal valore di 300 milioni di euro, il comando è stato preso da Giovanni Licciardi. Quest’ultimo, ben conosciuto alle autorità ha già dei precedenti penali e condanne ancora da scontare. Nel marzo 2014, quando si trovava già nel carcere di Terni, fu condannato ad 8 anni di reclusione per poi essere rilasciato nel luglio 2014 dopo aver scontato sei anni e 3 giorni di custodia cautelare. Solo il 15 gennaio scorso la sentenza è diventata definitiva e il boss del clan dovrà scontare la pena residua di un anno, 11 mesi e 27 giorni per associazione a delinquere di stampo mafioso.

Agnese Cavallo

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