Negli scorsi giorni, la prestigiosa rivista scientifica Nature ha dato spazio ai risultati delle ricerche di un gruppo di studiosi sudcoreani i quali affermano di aver elaborato un processo per produrre una nuova tipologia di acciaio.
Questo nuovo prodotto dovrebbe essere più leggero e resistente degli acciai più utilizzati, senza arrivare però ai costi di altre leghe ad alte prestazioni, come quelle di titanio.
Se le conclusioni degli scienziati asiatici fossero confermate, saremmo di certo di fronte ad una scoperta davvero importante, capace di rivoluzionare diversi settori industriali.
Questo perché l’acciaio, che non è altro che una lega di ferro e carbonio, è presente in diversi prodotti, sistemi ed oggetti con i quali l’uomo si interfaccia ogni giorno.
Va distinto da subito dalla ghisa, la quale presenta concentrazioni di carbonio più elevate rispetto a quelle dell’acciaio (massimo il 2% per quest’ultimo).
Il carbonio serve per migliorare le caratteristiche meccaniche dell’acciaio e, proprio in base alla sua differente concentrazione, può essere effettuata una distinzione tra acciai dolci, meno pregiati, e acciai duri, maggiormente resistenti e pregiati.
Una delle problematiche principali legate alle varie applicazioni dell’acciaio è il peso; da tempo, infatti, i ricercatori sono alla ricerca di leghe capaci di riprodurre le caratteristiche meccaniche dell’acciaio a pesi inferiori.
C’erano in parte riusciti con le leghe al titanio che però, dati i costi piuttosto elevati, risultano applicabili in pochissimi settori, come quello degli armamenti o delle auto di lusso.
L’unica vera alternativa a queste soluzioni molto costose è rappresentata da leghe chiamate ad unire acciaio e materiali meno pesanti, come ad esempio l’alluminio.
Questo risulta molto più abbondante ed economico rispetto al titanio e potrebbe, al contempo, risolvere i problemi di leggerezza delle varie tipologie d’acciaio.
Per questo motivo, già durante gli anni Settanta era stata percorsa la strada delle leghe di acciaio e alluminio, ma con risultati poco soddisfacenti.
Se da un lato la lega era piuttosto resistente (oltre che leggera), presentava un’inaspettata fragilità per carichi ai quali, solitamente, l’acciaio rispondeva con una semplice deformazione.
La causa di questa fragilità, secondo gli studiosi sovietici che seguirono il progetto, era da rintracciare nella fusione di atomi di ferro e alluminio, che comportava lo sviluppo di una struttura cristallina che fu chiamata B2, caratterizzata, per l’appunto, da elevata fragilità.
Gli scienziati coreani, prendendo spunto da questa idea, hanno sviluppato un processo atto a controllare le caratteristiche e la dispersione dei composti fragili, ottenendo quindi una lega con caratteristiche superiori rispetto a quelle al titanio.
Questo grazie alla migliore distribuzione dei B2, che sono stati disposti in maniera tale da risultare separati tra loro e al contempo circondati da acciaio, limitandone quindi la fragilità.
Le incognite maggiori, ancora una volta, riguardano i costi di produzione.
Come si può ben immaginare, il passo più difficile per i progettisti sarà quello di riportare un processo realizzato – finora – solo in laboratorio, alla produzione industriale su larga scala da realizzare in acciaieria.
A questa problematica, poi, si aggiunge quella dei silicati, usati normalmente nella realizzazione degli acciai in industria (per evitare contaminazioni ed ossidazioni), ma non utilizzabili per la nuova lega.
Per maggiori informazioni:articolo su Nature
Alessandro Mercuri