Dall’arringa di un avvocato in tribunale, alle istituzioni che operano sulle nostre teste, la cultura classica è “il vettore dei valori” di tutto l’Occidente. Così l’ha definita Amantidis, sottosegretario degli Esteri in Grecia, in occasione dell’Istituzione della Giornata mondiale della Lingua Greca. Persino le massime più comuni, da un semplice “pantha rei” di Eraclito, si rivelano altamente condizionanti nella vita dell’uomo occidentale. È la lingua Greca la madre dell’enorme tradizione che il Parlamento Greco ha voluto salvare.
Non solo un’iniziativa culturale, quella del Parlamento, ma anche sociale. Salvare dall’oblio la Lingua Greca vuol dire anche ricongiungere con la madre patria i greci della diaspora, afferma ancora Amantidis. Si pensi ai 2 milioni di Greci del Ponto, tutt’ora stanziati sulle coste del Mar Nero, nelle antichissime colonie doriche. In quelle piccole isole rurali, la lingua greca è mantenuta in vita da uomini tanto legati alla tradizione e alla loro identità comune.
Anche Palazzo Madama accoglie l’iniziativa dell’ “ecclesia”.
“L’Italia possiede il patrimonio inestimabile delle lingue latina e greca troppo spesso bistrattate, mentre queste lingue, non più parlate da nessun popolo, hanno svolto nella storia delle idee e della cultura un ruolo fondamentale, e tuttora costituiscono un inestimabile tesoro dell’umanità.”
Queste le parole della Commissione senatoriale, che riconosce ufficialmente la lingua Greca come patrimonio immateriale dell’umanità. L’iniziativa è stata presentata da Olga Nassis, presidente della Federazione delle Comunità e Confraternite Elleniche.
Si tratta di un notevole progresso per i licei e per gli studi classici in generale. Il greco e il latino sono troppo spesso considerate “lingue morte”, dalle quali ormai non è possibile apprendere alcun insegnamento. Intanto, riduciamo un carpe diem ad un invito alla voluttà e al piacere immediato, i politici storpiano ogni giorno il significato di democrazia, gli avvocati svendono la nobile arte oratoria.
Quella di Olga Nassis deve essere solo la prima di una lunga serie di conquiste, finalizzate a ricordarci chi siamo e da dove veniamo. Senza la consapevolezza delle proprie radici, un popolo segue uno sviluppo disordinato, sterile e incoerente.
Corrado Imbriani