Soldati di Salamina di Javier Cercas è un percorso caotico eppure circolare tra diverse epoche storiche. Le vicende trattate partono da quelle del protagonista, Javier Cercas, un giornalista della provincia catalana alla ricerca di una rinascita professionale dopo il fallimento dei suoi due romanzi. Esse passano attraverso le vite dei personaggi che il giornalista vuole raccontare nel suo nuovo libro e di quelle che lo guidano nella ricerca tramite gli scritti che hanno lasciato nel tempo; infine tornano ai tormenti personali del solito Cercas. Un accumularsi di vite, di gesta eroiche e quotidiane che si intrecciano e danno senso a un’opera inizialmente lenta ma sempre più incalzante man mano che passato e presente si fondono in un unico interrogativo che costituisce il cuore del libro: «cos’è un eroe?».
Alcune parti di Soldati di Salamina sono infatti dedicate al racconto del Cercas giornalista che si imbatte per caso in una strana storia risalente alla guerra civile spagnola (1936-1939) e al modo in cui decide di provare a raccontarla in un nuovo libro nonostante la paura di un altro insuccesso. Altre sono dedicate, come si trattasse di un reportage, ai viaggi che conducono il giornalista sulle tracce dei protagonisti di quello che lui chiama «racconto reale», per distinguerlo dall’ambizione di scrivere un romanzo, definizione che gli ha portato ben poca fortuna in passato.
Nelle pagine centrali di Soldati di Salamina, dunque, troviamo l’evento su cui si concentra Cercas e, in buona parte, il libro che il giornalista inizia a scrivere. Si tratta della storia di Sanchez Mázas, un aristocratico spagnolo di inizio Novecento, «scrittore minore», teorico e fondatore della Falange spagnola, il partito da cui emersero le parole d’ordine che innescarono il massacro della guerra civile. Cercas racconta di quando Sanchez Mázas riuscì a sfuggire alla fucilazione da parte delle brigate dell’esercito repubblicano scappando in un bosco della montagna catalana, e sopravvivendo anche grazie a un soldato che, sulle sue tracce e incaricato di ucciderlo, lo lasciò scappare salvandogli la vita. Da quel momento Mázas vaga per giorni nei boschi, elemosinando cibo nelle masserie della zona, nascondendosi dai repubblicani ormai in ritirata, nell’attesa della vittoria dei nazionalisti. In questi giorni di fuga, il fondatore della Falange trova una famiglia disposta ad aiutarlo e si unisce a tre disertori dell’esercito repubblicano ormai stanchi della guerra, anche loro in attesa dell’ormai imminente vittoria dei fascisti. Il patto che li unisce prevede che Mázas, in quanto personaggio politico influente, una volta finita la guerra garantisca, in cambio dell’aiuto ricevuto, protezione ai tre giovani e alla famiglia in qualsiasi situazione si venga a creare nel momento della rappresaglia franchista.
Mázas onorerà il patto con gli «amici del bosco» (questo il nome che si diedero durante quei giorni di fuga) tirandoli fuori di prigione una volta divenuto ministro del governo di Francisco Franco. Un’esperienza politica di breve durata, questa: deluso dall’ignoranza del Caudillo e del suo entourage, considerati dai falangisti della prima ora traditori degli ideali che li portarono alla sollevazione contro la Repubblica, Mázas si ritira ben presto a vita privata, dedicandosi alla scrittura e alla botanica.
Questa è la storia raccontata nel libro del Cercas giornalista, che si chiama a sua volta Soldati di Salamina. Questo titolo, però, oltre a essere quello che compare anche sulla copertina di chi se lo procura “nel mondo reale”, viene dato anche perché Sanchez Mázas, in tono solenne, a quanto pare disse ai suoi amici del bosco che avrebbe raccontato la loro avventura in un libro chiamato proprio Soldati di Salamina. Un libro che però il falangista non scrisse mai.
In questo senso l’opera di Javier Cercas è una sorta di matrioska letteraria, un libro che ne contiene altri due: uno è sul giornalista sulle tracce di Mázas, l’altro è il romanzo su Mázas e le sue avventure. Ma non finisce qui. Con questa storia ormai scritta e il «racconto reale» pronto, infatti, il Cercas giornalista non si sente soddisfatto: il libro su Sanchez Mázas non funziona. Così Soldati di Salamina finisce in un cassetto per mesi fino a quando, anche questa volta per puro caso, il giornalista si mette sulle tracce del personaggio chiave, dell’ingranaggio in grado di dare un senso a questa storia e che avrebbe permesso all’autore di rendere omaggio al sacrificio di tante persone morte nel massacro della guerra civile spagnola e non solo. Parte da qui l’ennesimo viaggio di un giornalista «grasso e invecchiato», un po’ triste eppure emozionato per la ricerca della chiave di volta del suo «racconto reale». L’indagine si sposta così su quel soldato repubblicano che, pur sapendo di avere davanti il teorico della Falange e uno dei responsabili dello scoppio della guerra civile, lasciò scappare Mázas nel bosco. «Cos’è un eroe?».
Ci sono molte guerre in Soldati di Salamina: c’è quella del giornalista contro le sue frustrazioni e velleità, c’è il conflitto civile spagnolo, ci sono le battaglie in Africa e in Francia della seconda guerra mondiale, quelle in cui venne deciso il destino della civiltà attraverso la guerra al nazifascismo.
Soldati di Salamina è un viaggio che attraversa storie di persone e di mondi, di cui nulla oggi rimane: morti coloro che si opposero all’alleanza tra Franco, Hitler e Mussolini; morta anche quella stessa civiltà vinta ma sconfitta in partenza perché incapace di ricordare chi, anche appena adolescente, alla lotta al nazifascismo diede tutto. Storie di persone e di mondi remoti, il cui racconto è sempre guidato dalla domanda: «cos’è un eroe?»; bisogna per forza morire per esserlo?, o si può anche vivere da eroe?
Javier Cercas indaga, cerca la soluzione trovando solo ulteriori interrogativi. Ma è proprio il dubbio ciò che illumina il sentiero, e ciò che si trova sulla strada della ricerca spalanca ogni volta la porta a infinite altre possibilità, in un percorso in cui la parola fine non è contemplata.
Giovanni Esperti