Non si ferma Matteo Renzi, nonostante le pressioni che provengono tanto dalle Regioni quanto dalla sua stessa maggioranza, ma il premier, con un metodo già consolidato, si dice disponibile a discutere alla condizione che i punti principali del testo rimangano invariati. Il testo presentato dal governo sarebbe infatti già “blindato” ed ogni possibile modifica potrà essere apportata soltanto dal parlamento, perchè Renzi non ha intenzione di rallentare, la legge deve essere presentata lunedì al Colle per essere controfirmata dal Presidente della Repubblica.
Eppure le Regioni, verso le quali il Governo ha comunque mostrato una certa apertura al dialogo, sperano ancora di poter dire la loro per evitare che la finanziaria possa essere varata senza il loro contributo. Sergio Chiamparino, presidente della Conferenza dei Presidenti delle Regioni, cerca di smorzare i toni, dopo le durissime prese di posizione degli scorsi giorni (aveva definito i tagli alle Regioni “insostenibili”, il 16 ottobre in un’intervista a La Stampa): “Siamo animati da una volontà ferrea di trovare un’intesa, non c’è niente di irreparabile”, dice invece oggi.
La posizione del Governo non sembrerebbe invece così flessibile, per Renzi le regioni non devono scaricare sui cittadini il peso dei tagli, che per il premier sono necessari per combattere gli sprechi degli enti territoriali. Ma la voce dei governatori non è unanime, non tutti sono infatti così disponibili a trattare con Renzi. Roberto Maroni, presidente della Regione Lombardia, sarebbe già sul piede di guerra, galvanizzato da un riscoperto fervore federalista: “Il governo ci costringe a chiudere ospedali o alzare le tasse”, ma “io non lo voglio fare, piuttosto dico a tutti i sindaci: stiamo pronti a fare la rivolta fiscale”.
Nonostante ciò il Presidente del Consiglio è sicuro di sè: la manovra è stata accolta comunque ben accolta, malumori degli enti locali a parte. Ma la sicurezza di Matteo Renzi non è la sicurezza dell’esecutivo, all’interno del quale, non mancano le voci critiche. In particolar modo, il sottosegretario all’economia, Pier Paolo Baretta, sarebbe poco convinto dall’innalzamento delle tasse sul fondo pensioni che passerebbe dall’attuale 11% ad un ben più sostanzioso 20%. Secondo Baretta si tratta di un “aspetto da approfondire”. “L’aumento ha un senso se stiamo parlando di rendite finanziarie, ma secondo me questi fondi vanno messi nel campo della previdenza. L’incremento della tassa sul Tfr – aggiunge – è diverso, perché è su base volontaria ed è una opportunità per chi ha urgenza, ma francamente io gli direi di lasciare i soldi nel Tfr”.
Dubbioso anche un altro sottosegretario di Padoan, il professor Emilio Zanetti, che si dice critico in un’intervista all’Huffington Post rispetto al nuovo regime fiscale agevolato per le partite iva, che, a suo modo di vedere, offre dei benefici ad alcuni settori di lavoratori, mentre incrementa i sacrifici per altri, favorendo le disparità di trattamento. Spera comunque in una modifica in parlamento perchè, ha spiegato “Non credo che il compito della legge di stabilità sia di redistribuire i benefici in modo selettivo tra le varie partite iva, a beneficio di alcune e a scapito di altre”. Dubbi a parte, Renzi non ha molto da temere nemmeno per questa volta, dato che, sulla legge di stabilità pesa ancora una volta la famigerata “questione di fiducia”.
Antonio Sciuto