Il problema dell’immigrazione africana potrebbe essere definito, secondo la percezione comune, come un’appendice di quella siriana. Esse sono in realtà diverse, anche se in comune hanno le difficili condizioni dei paesi di provenienza: il regime di Assad e la guerra civile per quanto riguarda la Siria, mentre problemi economici, strutturali e politici da decenni attanagliano i paesi africani.

Il 12 novembre scorso, si è tenuto, proprio per questo, un summit tra i leader europei e i rappresentanti dei paesi africani a La Valletta. Ue ed Etiopia hanno firmato un accordo per il controllo dell’immigrazione clandestina e per attenuare il fenomeno del traffico di essere umani. L’accordo prevede lo stanziamento di circa 1,8 miliardi di euro per aiutare i paesi africani nella gestione delle migrazioni.

Nkasazama Dlamini Zuma, presidente dell’Unione Africana sostiene che i centri di registrazione, i cosiddetti hotspot che dovrebbero servire per l’identificazione dei migranti nei luoghi di frontiera, finiscono col diventare dei “luoghi di detenzione. L’Europa, infatti, deve ancora perfezionare tutta la questione logistica e i tempi di realizzazione dei progetti. La presidente Zuma, inoltre, tende a sottolineare come alcuni paesi dell’UE abbiano adottato degli “approcci da fortezza”.

Al summit de La Valletta ha partecipato anche la Turchia di Erdoğan che si dice propensa alla collaborazione con l’UE per la gestione delle migrazioni; sono stati per questo concessi al governo turco circa 3 miliardi per rafforzare il controllo della frontiera orientale europea.

Ciò che emerso dal summit è sicuramente una diversa prospettiva da parte dell’UE e dei paesi africani. La prima richiede collaborazione soprattutto per i rimpatri dei migranti irregolari, mentre l’Africa spinge per la creazione di vie legali di migrazioni che possano quindi incentivare quelle economiche ai fini di crescita e sviluppo globale.

Dimitris Avramopoulos, Commissario UE Affari Interni e Immigrazione, intervistato da euronews.com si dichiara ottimista circa i risultati raggiunti dall’UE sul fronte dei ricollocamenti, nonostante il numero esiguo raggiunto, crede che l’obiettivo stanziato dei 160 mila possa diventare realistico e sostiene che sia necessaria la creazione di Hotspot ai fini della risoluzione del problema.

La questione delle migrazioni, però, risulta sempre un po’ irrisolta, sia per la quantità ingente di persone che continua a circolare e spostarsi verso l’Europa e sia per la diversa percezione del problema che hanno i paesi dell’Unione che non riescono ad allinearsi sulle politiche da adottare. Al progetto dei ricollocamenti ideato dalla Commissione per esempio, si sono dichiarati favorevoli all’adesione soltanto 12 dei paesi membri, a dimostrazione del fatto che l’Europa, nei fatti, non è poi così tanto unita.

Sabrina Carnemolla

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui