Non bisogna dimenticare che la nostra sanità per quanto pervasa di problemi e criticità rappresenta tutt’ora un meccanismo che non lascia nessuno indietro e che garantisce cure a tutti senza distinzioni di sorta, soprattutto economiche.
Un meccanismo, quello della sanità italiana, tutt’ora all’avanguardia che però necessita di essere oliato, modernizzato e soprattutto aggiornato alle esigenze odierne di un mondo che cambia continuamente.
Da molto tempo si parlava di nuove forme di esenzione e di assistenza, dell’inserimento di ulteriori farmaci e trattamenti nell’elenco delle erogazioni gratuite e soprattutto di nuovi investimenti nel settore della sanità.
Oggi, leggendo i nuovi provvedimenti proposti dal Ministro della Salute, sembra che ci siamo, almeno in parte.
Di cosa si tratta? Innanzitutto l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA) che evolvono andando ad introdurre importanti investimenti nel campo della prevenzione, dell’assistenza post-operatoria e, questione molto importante, nell’ambito delle vaccinazioni, campo oggi discusso e soggetto a diverse criticità.
La programmazione ministeriale riguardo la sanità si aggiorna anche tramite l’inserimento di patologie croniche all’interno dei LEA introducendo disfunzioni legate a malattie dei reni, a sindromi rare e per la prima volta considerando l’autismo per quello che è, ovvero un caso clinico che necessità di maggiore attenzione, sia per i pazienti che per le loro famiglie.
Un altro campo fondamentale preso in considerazione da questo “ammodernamento” della nostra sanità è quello dei farmaci e della loro disponibilità.
L’iniziativa “Accesso ai farmaci, un diritto umano”, sempre promossa dal Ministero della Sanità in collaborazione con AIFA, si propone infatti di sottolineare come l’accesso alle cure sia un diritto inalienabile di tutti, soprattutto dei più poveri.
Anche qui per la prima volta vengono prese in considerazione nuove realtà che oramai compongono in maniera effettiva la nostra società, come gli immigrati e i rifugiati, spesso privi di disponibilità economiche e ostacolati dalle barriere linguistiche, anche nel ricorrere alle cure sanitarie.
Questioni rivoluzionarie quindi riguarderanno la sanità italiana che adesso sembra aver imboccato la strada giusta per essere un po’ più a misura di cittadino coi tanti significati che questa parola oggi racchiude.
Ma è sufficiente quanto proposto per risollevare un settore lasciato per troppo tempo fermo? Di sicuro è un passo avanti che però per essere confermato necessità tutt’ora di molto di più.
Innanzitutto gli investimenti previsti dal provvedimento sulla sanità. Ottocento milioni di euro non sono certo pochi ma, considerando la capillarità del nostro sistema sanitario un tempo vitale ovunque, dalle grandi città ai centri più piccoli, è chiaro che si può fare di meglio.
Le infrastrutture poi. Anni ed anni di accentramento dei servizi in gradi centri multifunzionali hanno prodotto milioni di metri cubi di immobili pubblici in stato di totale abbandono. La loro rivalutazione e rimessa in funzione garantirebbe un decentramento enorme della sanità, risolvendo i buona parte i disagi che ogni giorno i cittadini bisognosi di cure mediche vivono.
Per nulla trascurabile la carenza di personale che in nome di improbabili spending review oggi mette a dura prova intere strutture ospedaliere e poliambulatoriali costringendo i pazienti a rivolgersi ad ambiti privati. Chi se lo può permettere ovviamente.
Insomma tanta strada da fare ancora ma contemporaneamente un punto di ripartenza importante che si presuppone di riportare la sanità italiana ad essere di nuovo l’emblema di un modello funzionale.
Quello che è certo è che le esigenze sanitarie di una società moderna sono in continua evoluzione ed un provvedimento che finalmente prova ad identificarle può soltanto rappresentare un ottimo punto di svolta.
Mauro Presciutti