A inizio giugno scrissi un pensiero, in questo spazio, in cui auspicavo che De Luca desse sin dall’inizio del suo mandato un chiaro indirizzo politico alla governance del diritto allo studio in Campania, volto a rimettere in funzione il sistema dopo i cinque terribili anni della gestione Caldoro.
I primi segnali sono stati senza dubbio interessanti: innanzitutto la scelta di Angela Cortese come delegata regionale per il DSU, una delle persone che più ci hanno sostenuto nelle battaglie contro le politiche di Caldoro, è in aperta discontinuità con quanto fatto negli ultimi due anni dalla Regione, e corrisponde appieno a quel profilo che io ritenevo (e ritengo) necessario per affrontare la situazione. E poi le dichiarazioni rese dalla stessa prof. Cortese a questo giornale su un investimento di 15 milioni di euro a favore degli studenti costituiscono una delle migliori dichiarazioni d’intento che potessimo ricevere.
È altrettanto chiaro, però, che l’intervento della Regione non può limitarsi a questo: la più grande necessità, in questo momento, è quella di sanare i ritardi nell’erogazione delle borse di studio. Alcuni studenti aspettano ancora le borse di studio del 2010/2011, una situazione francamente indegna di un paese civile, che penalizza gravemente la possibilità di questi ragazzi di proseguire e completare in modo dignitoso il proprio percorso accademico.
Inoltre, De Luca in conferenza stampa ha dichiarato l’intenzione di procedere ad una rivisitazione del sistema amministrativo del diritto allo studio, ovvero, detto in modo più semplice, all’unificazione delle Adisu. Su questo tema è importante capire quali intenzioni vi siano a Palazzo Santa Lucia, perché noi, insieme alle altre forze studentesche di sinistra e con l’aiuto proprio di Angela Cortese, nell’inverno 2013-2014 abbiamo lottato per evitare che la Giunta Caldoro e l’assessore Miraglia procedessero verso questa unificazione sulla base di un vecchio disegno di legge regionale del 2011.
La discriminante per la nostra scelta è, ovviamente, se questa unificazione può far bene agli studenti. Nel caso della proposta di legge Miraglia la risposta era chiaramente no. Un disegno di legge presentato senza neanche modificare le date (vi era scritto che sarebbe entrata in vigore nel 2011, ed eravamo già nel 2014!) già dava l’idea della cura con cui era stato preparato, e i risparmi dovuti a una massiccia riforma che non dava alcuna garanzia agli studenti di far sentire la propria voce sarebbero stati di circa un milione di euro, una cifra estremamente bassa.
Siamo riusciti a fermare quella proposta, ma nonostante ciò siamo convinti (e io ero quello più sicuro che l’unificazione fosse sbagliata di per sé) che se l’unificazione amministrativa è fatta in modo adeguato, come ad esempio in Emilia-Romagna, Toscana o Puglia, può davvero portare a un miglioramento delle prestazioni. Ci vogliono però i dovuti contrappesi: sportelli aperti agli studenti in tutte le sedi universitarie, tempistiche certe per i bandi e per le erogazioni, elevati poteri di controllo alle rappresentanze studentesche, totale trasparenza dell’amministrazione e nomine regionali fatte sulla base della effettiva competenza sul tema.
Se ci sono questi presupposti allora è bene che la Regione proceda per questa strada; d’altro canto, se questa dovesse rivelarsi solo una riforma “di facciata”, non avremo paura a contrastarla come già facemmo in passato.
Lorenzo Fattori