Il 29 settembre esce in digitale “Accamora”, il nuovo disco del Mediterranean Ensemble che verrà presentato ufficialmente il 16 dicembre al teatro di Padova. Abbiamo intervistato Antonio Minichiello per chiedergli come è nato il progetto, che significato danno alla mediterraneità e come scelgono i pezzi da incidere.

https://www.youtube.com/watch?v=CLWkSpamtkw

Come è nato il progetto Mediterranean Ensemble?
«Il Mediterranean Ensemble è nato nell’agosto 2015 in Puglia, quando per un caso fortuito ci siamo ritrovati a suonare in trio a Cutrofiano, in provincia di Lecce, con Martino Cargnel e Marco Bonutto rispettivamente impegnati nei propri tour con diversi progetti. Quella sera abbiamo subito intuito le potenzialità del trio, con il quale potevamo finalmente dedicarci ai diversi generi che nel corso delle nostre esperienze musicali passate avevamo toccato, ma mai approfondito come volevamo. Dopo una serie fortunata di concerti e un primo tour all’estero tra Vienna e Berlino si è aggiunto al gruppo Davide Mangiaracina al contrabbasso e abbiamo registrato a Padova il primo disco Shurùq, uscito nel maggio 2016. Anche qui abbiamo avuto la nostra dose di fortuna, vendendone molte copie e venendo anche selezionati dal programma Battiti di Radio Rai 3 per una trasmissione dedicata ai suoni del Mediterraneo. Tutto questo ci ha portato in breve tempo ad essere richiesti in giro per tutto lo stivale. Alla fine del 2016 entra a far parte dell’ensemble anche Anna Lucia Rosafio alla voce e da qui abbiamo indirizzato la nostra ricerca più sulle musiche del sud Italia, senza comunque tralasciare  il resto del Mediterraneo. Anche il 2017 è stato e continua ad essere un anno molto intenso, prima con la registrazione di Accamora che uscirà il 29 settembre per Soundkode Label (con ospiti di livello internazionale tra i quali spicca il violista Sebastian Peszko), un’estate con numerosi live e l’inverno che ci vedrà in giro per tutta l’Italia e il nord Europa per la presentazione del nuovo disco.»
Il vostro stesso nome sembra un programma. Che significato date alla “mediterraneità”? Il titolo del nuovo album, “Accamora”, significa “per ora” in dialetto siciliano. Come mai avete scelto questa parola?
«Il progetto “Mediterranean Ensemble” è l‘espressione dell’interesse nei confronti della musica che nel corso dei secoli ha accompagnato quello che a noi piace definire il “popolo del Mediterraneo”. In un momento storico in cui il confronto e il contatto tra i popoli sono resi particolarmente difficili dall’attuale situazione socio-politica, la nostra curiosità per le musiche tradizionali e moderne di tutta l’area mediterranea ci fa sentire parte di una nazione senza dei confini ben definiti, dove le musiche ci fanno ritrovare segni e storie millenarie che, fondendosi tra loro, diventano la colonna sonora di una nuova identità culturale.
La parola “Accamora” l’abbiamo scoperta appunto in Sicilia in uno dei nostri tour e già ci era rimasta in mente per la sua musicalità, una parola che riempie la bocca. Oltre a significare “per ora” e quindi oltre a testimoniare il percorso che abbiamo finora svolto, significa anche soltanto “ora”, “adesso”, e questo è un altro concetto che vogliamo esprimere bene in quest’album, prendendo i brani della tradizione e dandogli degli arrangiamenti e dei suoni moderni e nuovi che appartengono ad ”ora”, a quello che la musica per noi rappresenta “adesso”.»
In Shurhùq, la scelta di inserire pezzi dell’area dei balcani (come “Rumelaj”) mi è sembrata più coraggiosa di proporre il “solito” “Minor swing” di Django Reinhardt (che pure appariva nel primo album). Nel nuovo album avete optato per seguire una di queste due strade o avete scelto di continuare con un mix di pezzi più e meno conosciuti?
«La scelta dei brani di Shurùq si è basata sulle conoscenze della musica mediterranea e sulle figure dei maestri ai quali ci eravamo ispirati fino a quel momento, quindi ci è sembrato più che giusto omaggiare anche Django.
In “Accamora” abbiamo approfondito molto le tradizioni del sud Italia, e abbiamo proposto anche dei grandi classici come “Santu Paulu” e “Cu Ti Lu Dissi”. Qui però abbiamo fatto un lavoro di ricerca più mirato ai suoni, utilizzando diversi strumenti tradizionali e fondendoli all’elettronica, e curando molto gli arrangiamenti. Abbiamo voluto dare un “vestito sonoro” nuovo ed originale ad alcuni dei brani più importanti della tradizione.»
Una curiosità per concludere: di chi è la voce all’inizio di “Tarantella del Gargano”?
«La voce all’inizio della “Tarantella del Gargano” è di Uccio Aloisi, nato e vissuto a Cutrofiano, dove il nostro viaggio ebbe inizio. Lì abbiamo scoperto e approfondito la sua enorme eredità musicale e la sua figura che di sicuro è una delle più importanti della tradizione salentina. Il brano invece ce l’hanno lasciato in eredità i Cantori di Carpino, altre figure di spicco delle tradizioni musicali pugliesi, ma dell’area del Gargano.
Con la voce di Uccio Aloisi e la nostra reinterpretazione della “Tarantella del Gargano” abbiamo voluto omaggiare a modo nostro la Puglia intera, dal Gargano al Salento.»
Luca Ventura

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