L’autore è Giulio Mosca. Artefice del personaggio social Il Baffo, per cui ha creato una pagina Facebook lo scorso Natale. Genovese, trasferitosi a Torino per gli studi, è stato fondatore di una start-up nel 2014 che si occupa di cibo e viveri e per la quale gestisce la direzione creativa. Un’indole artistica, la sua, inizialmente limitata dalle varie responsabilità da ricoprire e che lo hanno portato a ritagliarsi uno spazio personale, nell’arco giornata, dove potesse esprimersi per non implodere.

«Vivo una vita stressante e impegnativa. Ho deciso di intraprendere una carriera, quella imprenditoriale, che mi ha messo davanti a parecchie scelte e a parecchie rinunce. Le soddisfazioni, dicono, possono colmare le mancanze.»

Queste sono le righe introduttive alla sua prima graphic novel, “La notte dell’Oliva“, edita da ManFont e presentata all’ultimo Lucca Comics & Games (1-5 novembre 2017). Un modo diverso di dire e comunicare, fatto di poche parole e molte espressioni.

Baffo Giulio Mosca la notte oliva

Dietro vignette e disegni, prima di tutto l’autore; dietro il Baffo, prima di tutto una mente creativa. E poi noi, a tu per tu con Giulio.

Perché questa via di comunicazione e non altro?

«Ho aperto la pagina lo scorso Natale e ho iniziato a postare con regolarità da gennaio. L’ho fatto perché ero in un periodo abbastanza pesante e di forte pressione lavorativa. Questi ultimi anni (di avvio della start up) mi hanno portato ad isolarmi dal giro di amici piuttosto che uscire la sera e, tra le altre cose, appunto, era difficile avere un spazio creativo mio e mantenere una vena creativa interessante. Il mio, che dovrebbe essere un lavoro creativo, a volte rischia di diventare un po’ seriale.  A me è sempre piaciuto disegnare, anche se non ho studiato questo, le vignette e la comicità mi sono sempre interessate e allora ho deciso di provare, anche guardando alle tante pagine che funzionano nel web.»

Quindi per te disegnare significa avere uno momento per sé, una pausa dalla vita?

«Si. Era più che altro per dire: “cerchiamo di fare qualcosa che sicuramente mi piace dove non devo rispettare altro che non sia il mio volere, libero di fare quello che voglio”.»

Dunque uno sfogo.

«Si, esatto. Dato che comunicare è ciò che più mi piace fare, volevo farlo senza essere vincolato da quelle che potevano essere leggi imposte, scollegato dal mondo del lavoro in piena libertà di espressione. Ho cominciato così. Quando ero a Londra per lavoro, dove sono rimasto per tre mesi, le giornate erano cariche, piene di incontri intensivi e workshop ma io, ogni sera prima di dormire,  mi mettevo lì e disegnavo sempre una vignetta. Una vignetta al giorno (pubblicata poi sulla pagina), almeno per i primi 4-5 mesi.»

E Il Baffo da dove nasce? Si può dire autobiografico?

«Diciamo che io, fin da quando ero piccolo e non so neanche bene il perché, sono sempre stato più bravo a disegnare personaggi simili a me. Ho deciso di usare questo personaggio che potrebbe essere il mio alter ego ma che non sempre, di fatto, racconta cose legate a me. Nella graphic novel ad esempio si, è così. È chiaro che è tutto di mia produzione, disegno quello che penso però è pur sempre una creazione. Ho deciso di adoperare una palette cromatica, che mi porto dietro da tanto anche con la grafica, apposita per disegni astratti (ho sempre disegnato in vettoriale geometrico, con forme primitive). Trasportata su questo progetto, ha caratterizzato il personaggio del Baffo.»

Una volta con una tua vignetta hai lanciato una sfida: provare a spiegare a parole (“sempre inadeguate”) cos’è il blu, ad esempio. Per te, cos’è?

«Questa è una cosa che mi sono sempre chiesto: come riuscire a spiegare a parole un qualcosa di appartenente ad un altro ambito sensoriale, come quello della vista. Tra l’altro, quella è stata una delle vignette più attaccate nelle settimane precedenti al libro: c’è chi è venuto a dirmi che persino su Wikipedia c’è una definizione. Ovviamente io non mi riferivo ad un senso tecnico o addirittura scientifico: il mio era lo stesso dubbio che ci si porrebbe nel dover descrivere un colore ad un cieco. Oppure, nel domandarsi che sensazione potrebbe dare il trovarsi davanti ad un colore mai visto e il doverlo poi spiegare ad un amico.»

Baffo Giulio Mosca intervista la notte dell'oliva

Dal punto di vista psicologico, la pelle è un confine importantissimo: è il primo strato di ciascun essere umano che definisce e delimita, proteggendoci ma, allo stesso tempo, lo strato epidermico è anche il primo ad entrare in contatto con gli altri. Quindi perché proprio il blu per Il Baffo?

«Perché al blu si attribuisce da sempre anche un valore onirico. Io sono appassionato di letteratura onirica e del mondo dei sogni. In più viene ricondotto alle vie dell’anima e a quanto di intangibile c’è al mondo. La prima cosa che si nota è proprio che questo personaggio abbia un colore di pelle strano.»

Da autore, cosa significare passare da una vignetta di poche parole alla graphic novel che richiede un fil rouge che alimenti una storia?

«Per me è stata una sfida molto interessante. Sono stato contattato da diverse case editrici, tra le quali ho scelto la mia per discorsi commerciali e umani. A parte questo, per me è stata una grande occasione per affrontare tematiche a me molto care. È stato un processo sicuramente faticoso fare una graphic novel, in tre mesi scarsi, non arrivando da questo ambiente. Sicuramente mi ha aiutato avere un editor, giovane ed esperto (Daniel Spanò), che non mi vincolasse dandomi allo stesso tempo linee guida utili per un fumetto, cosa che non avevo mai fatto. Chiaramente passare da una striscia ad una storia mi ha dato la possibilità di raccontare di più, restando un’arma a doppio taglio. Pur essendo molto difficile concentrare un’emozione in un quadrato (il dono della sintesi è un arduo esercizio), lo è altrettanto espandere la storia, farla vivere e mantenerla viva su 130 pagine. Quello che ho cercato di fare (credo riuscendoci), per quelli che sono i miei lettori abituali, è di non aver snaturato il personaggio. Una delle mie paure era proprio che questo passaggio potesse risultare azzardato. I riscontri sono stati tanti e positivi, di chi ha speso ben più di qualche secondo per scrivermi la sua. Da gennaio, comincerò a lavorare alla seconda parte.»

In questo viaggio della consapevolezza, volto alla conoscenza di se stessi per migliorarsi, chi o cosa è l’oliva?

«Intrecciando il mondo onirico e i cosiddetti sogni lucidi, quella dell’oliva è una metafora comprensibile fin dal primo capitolo. Il libro si sarebbe dovuto intitolare “Hai mai visto un’oliva galleggiare in un Martini?”; è stato poi modificato per non suscitare polemiche visto il titolo del fumetto de Labadessa (“Mezza fetta di limone”): a quel punto è diventata la frase d’effetto pronunciata dal barista per immergere Il Baffo nel viaggio dentro se stesso. Nella vita, per cominciare a fare qualcosa, non bisogna opporre resistenza alla gravita: è necessario lasciarsi andare. Questo è il messaggio. E il raggiungimento della consapevolezza risiede nella comprensione di poter realizzare i propri obiettivi con le proprie forze. Se vuoi, puoi.»

Nel tuo caso l’oliva ce l’ha fatta.

«Si, nell’arco di un anno sono successe tante cose. È stata una crescita esponenziale e pazzesca. Lo speravo e l’ho pensato. Come cerco di dire a partire dal mio libro, bisogna fare il possibile perché succeda.»

E gli haters?

«È abbastanza naturale pensare che, per tutti quelli a cui piaci, puoi sorvolare sui commenti delle persone che non apprezzano il tuo lavoro. Non si può piacere a tutti. È anche vero che riesci farlo fin quando non ci sei dentro davvero. Dopo il Lucca Comics, ho avuto il piacere di confrontarmi con illustratori professionisti dai quali ho ricevuto feedback più che positivi e questo mi ha dato modo di  riconquistare sicurezza. Spero che gli haters, in generale, imparino a canalizzare il loro tempo e la loro rabbia su altro di più utile. E ringrazio, invece, tutti i miei fan senza i quali la mia pagina non sarebbe mai esistita e mai avrebbe resistito. Sono carburante per la mia creatività e dedizione.»

Pamela Valerio

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